Nel 1964, dodici anni dopo il ritiro dalla Formula 1 e dopo che
la Ferrari e la Porsche avevano deciso di produrre vetture da
competizione nella categoria Sport Prototipi fino a due litri di
cilindrata, il management dell’Alfa Romeo programmò di
rientrare nell’agonismo sportivo internazionale con i modelli
“33”.
La situazione finanziaria dell’Alfa Romeo era sensibilmente
migliorata e quindi, dopo la parentesi delle numerose vittorie con
le vetture di serie, era giunto il momento di correre con vetture
costruite appositamente per le competizioni internazionali.
Inoltre, è sempre stata una politica della casa milanese di
sfruttare al massino i suoi programmi sportivi per arricchirsi dal
punto di vista tecnico e, nello stesso tempo, promuovere
commercialmente i programmi industriali.
Il nome 33/2 viene dalla sigla interna degli Uffici della
Progettazione del Portello, dove il progetto di questa nuova
vettura fu indicato con il codice tipo AR 105.33: il 2 dopo la
barra era stato aggiunto per indicarne la cilindrata. Fu scelto un
motore 8C a V di 90^, con una cilindrata di 1995 centimetri cubi,
4 alberi a cammes in testa, iniezione indiretta, frizione monodico
a secco, cambio a sei marce più retromarcia, differenziale
autobloccante, con una potenza di 310 CV SAE a 9600 giri/minuto.
Questo stesso motore fu poi montato successivamente sulla 33
Stradale e sulla Montreal.
Il telaio, assolutamente atipico e rivoluzionario, s’ispirava
alla tecnica aeronautica e fu considerato da tutti un capolavoro
tecnologico. La messa a punto del telaio e degli organi meccanici
non fu per nulla laboriosa, ma non si può dire lo stesso per
quanto riguarda la definizione della carrozzeria, che presentò
alcune difficoltà iniziali di natura aerodinamica e di stabilità
a causa della geometria delle sospensioni, inconveniente che fu
brillantemente risolto.
Il prototipo fu realizzato in poco più di un anno dai progettisti
del Portello sotto la guida di Orazio Satta e di Giuseppe Busso, e
fece la sua prima uscita di prova sulla pista di Balocco nel mese
di gennaio del 1966, equipaggiato con un motore provvisorio della
TZ2.
Giuseppe Busso con Carlo Chiti
Come ricorda con amarezza Busso, nel suo libro di memorie “Nel
cuore dell’Alfa”, il prototipo fu affidato all’ing.
Chiti dell’Autodelta affinché fosse sottoposto ad ulteriore
fase di sviluppo sperimentale. Una foto davanti alla portineria
della pista con Busso a fianco della vettura, Sanesi al volante e
Chiti che sbirciava dai vetri, testimonia il “passaggio di
consegne”.
La prima versione spider, chiamata “periscopica” per via della
presa d’aria posizionata nella parte superiore della
carrozzeria, fu presentata alla stampa proprio sulla pista di
Balocco il 6 marzo del 1967. L’anno dopo, con una carrozzeria
coupé , partecipò alla “Daytona Continental, una delle più
lunghe corse automobilistiche del mondo, rivale solo della 24 ore
di Le Mans. I tre esemplari iscritti, tagliarono il traguardo
compatti, classificando ai primi tre posti. Da quel momento, fu
ribattezzata “Daytona. Sempre nel 1968, ottenne 15 vittorie
assolute e 6 di categoria, alcune memorabili come quelle
conseguite sui circuiti del Mugello, di Imola e Vallelunga. Nel
1969, con 14 vittorie assolute e 13 di categoria , si confermò la
migliore vettura europea nella classe Sport Prototipi 2000,
facendo scomparire le sue rivali Ferrari e Porsche dalla scena
agonistica.
A fine stagione, l’Alfa cedette le vetture a piloti privati che
continuarono a vincere l’annata successiva, e abbandonò così
la categoria due litri.
Sul telaio e sulla meccanica della 33/2, designers come
Pininfarina, Scaglione , Bertone e Giugiaro realizzarono le
splendide “dream cars” che si possono ammirare nel Museo
Storico di Arese
Una 33 stradale rossa è stata anche una star del cinema,
protagonista insieme a Gina Lollobrigida nel film di Mauro
Bolognini: Un
bellissimo novembre.
Negli album fotografici dell’Archivio Storico c’è, inoltre
una bella foto dell’allora principessa Paola di Liegi al volante
di una 33/2 sulla pista di Balocco.
Nel corso del 1968 venne ultimato il progetto della 33/3 che
adottava una carrozzeria spider, in vetroresina a scocca portante
con pannelli in alluminio e titanio. Il motore era un 8C a V di
90^ con una cilindrata di 2.998 centimetri cubici, con 4 valvole
per cilindro, accensione elettronica e una potenza di 400 CV a
9000 giri/min. Il telaio, in lamiera scatolata di avional, era
diverso da quello della 2 litri. Il suo debutto avvenne nel 1969 e
conquistò due vittorie assolute a Zeltweg e alla Coppa Città di
Enna. Intanto si procedeva alla realizzazione di una nuova
versione con telaio tubolare in lega di alluminio: la 33/TT3 che,
nel 1972 si classificò al secondo posto nel Campionato Mondiale
Marche.
Nel 1975, debuttò una nuova versione: la 33 TT12 con carrozzeria
in vetroresina e motore boxer da 12 cilindri di 2.995 cc. che
sviluppava una potenza di 500 CV DIN a 11000 giri/min. Con questa
vettura, l’Alfa Romeo si aggiudicò, con la vittoria di sette
gare su otto in programma, il titolo mondiale dimostrando una
superiorità tecnica assoluta.
Due anni più tardi, fu presentata l’ultima versione delle 33,
la SC12, con carrozzeria in vetroresina su un telaio in alluminio
scatolato, la quale, vincendo tutte le otto gare che costituivano
il titolo, su aggiudicò il Campionato Mondiale Sport 1977.