Ricordo di Giuseppe Busso
Il 27 aprile prossimo avrebbe compiuto 93 anni, ma se n’è andato
in silenzio, nel sonno in una fredda notte d’inizio del nuovo
anno. L’avevo visto una settimana prima ed era stato un incontro
molto emozionante che resterà per sempre nel mio cuore.
La prima volta che lo vidi e gli parlai mi sentii molto
intimidita. Mi avevano raccontato del suo carattere un pò
burbero ma sapevo anche che, nonostante quel carattere, tutti
gli uomini della progettazione che avevano collaborato con lui
lo stimavano e si erano sentiti motivati ed orgogliosi di far
parte della sua squadra.
Era la fine del 1984 e mi era stato da poco assegnato l’incarico
di responsabile del Centro Documentazione Storica dell’Alfa
Romeo; ricordo che venne in Archivio chiedendomi
l’autorizzazione a dare un’occhiata ad alcune relazioni di prove
di volo del motore d’aviazione AR 121 per rilevare le differenze
tra la versione del motore prodotto in tempo di guerra e quella
successiva. Oddio! ...pensai, mentre mettevo in moto la mia
memoria..., e, intanto mi scusavo dicendo che avevo da poco
iniziato a riordinare l’Archivio e che non avevo ancora notato
un fondo relativo all’aviazione. Gli chiesi di darmi un po’ di
tempo per cercare tra tutta quella documentazione che doveva
essere catalogata. Ci salutammo con l’impegno da parte mia che
l’avrei chiamato al più presto. Trascorse qualche mese durante
il quale lo rividi che girava al Museo, aveva sempre quell’aria
severa nel suo cappotto scuro assorto a contemplare i motori. Al
Museo ci andavo spesso perché c’era della documentazione da
portare su in Archivio. Si trovava in un locale angusto dietro
una porta scorrevole al piano terra. In una di quelle
ricognizioni trovai su una pedana sigillata da un pesante telo
di plastica, una copiosa documentazione costituita da cataloghi,
nomenclatori e relazioni sull’attività aeronautica dell’Alfa
Romeo che oggi rappresenta uno dei fondi più importanti
dell’Archivio, al quale attinsi in seguito quando scrissi la
storia dei motori d’aviazione Alfa Romeo per il II^ Volume
Archivio Storico.
In quel momento pensai subito a Busso e quando mi fu possibile
lo convocai. Ricordo che “scoprimmo” insieme quel tesoro,
insieme passammo in rassegna ad uno ad uno quelle pubblicazioni
e per ognuna di esse c’era stato un suo commento. Da quel
momento provai una profonda ammirazione per quell’uomo che a me
sembrava più triste che severo, e piano piano , ad ogni nostro
successivo incontro nacque un rapporto di amicizia e di stima
reciproca che è continuato anche quando ho lasciato l’Alfa
Romeo. Una volta alla settimana lo chiamavo per sentire come
stava e la nostra conversazione finiva sempre con la sua
domanda: “mi chiama lei?”. Sì, lo chiamavo io, lo chiamavo
perché mi piaceva pensare che questo contatto gli facesse bene
così come gi facevano bene i saluti di chi aveva ammirazione per
lui, di chi aveva apprezzato quel suo libro che eravamo riusciti
a pubblicare in tempo. Tutto questo gli dava una carica e
contribuiva a riempire i pensieri in quelle lunghe giornate
trascorse seduto tra i suoi ricordi più cari.
Da quel lontano giorno del 1984, iniziò una piacevolissima
consuetudine. Ogni mercoledì, il signor Busso veniva a trovarmi
in Archivio. Arrivava verso le 9,30 con la sua 24ore di pelle
dalla quale spesso tirava fuori una delle sue famose agendine
nelle quali, con costanza e precisione, aveva annotato tutto ciò
che era accaduto in Alfa Romeo in tanti anni di attività fino a
quando, nel 1977, aveva lasciato l’azienda con molta amarezza.
Spesso mi parlava del suo rapporto con Orazio Satta e di quanto
fosse orgoglioso di avergli dato una mano insieme ad altri
grandi personaggi quali Giampaolo Garcea, Ivo Colucci, Livio
Nicolis e Consalvo Sanesi. Ricordava che Satta di loro, qualche
anno prima di morire, disse: “Questi uomini e i loro
collaboratori sono la forza dell’Alfa Romeo”.
Di quegli incontri ai quali poi chiamammo a partecipare anche
Guido Moroni, ho un ricordo bellissimo, per me era come essere a
scuola, grazie a loro sono riuscita pesino a leggere i disegni e
vi assicuro che il giorno che in quelle linee tracciate sui quei
sottili e ingialliti fogli di carta ho riconosciuto una macchina
è stato un gran bel giorno per me. Non dimenticherò mai la
soddisfazione che provavo nel riuscire a trovare quel documento,
quella foto o quel ritaglio di giornale che riusciva a provare
l’argomento di discussione di quell’incontro.
E’ stata un’esperienza importante ed irripetibile, ho avuto la
fortuna di aver la fiducia e la stima di uno dei personaggi che
hanno fatto la storia dell’Alfa Romeo, di uno di quelli che
rivivranno ogni volta che si girerà una chiave nel quadro di una
delle sue indimenticabili vetture.
La mancata laurea in ingegneria era sicuramente un motivo di
profonda amarezza per il signor Busso; non saprà mai che un
gruppo di Alfisti a lui molto affezionati si adoprarono per
fargli ottenere una laurea onoris causa, purtroppo senza
risultato. Ma per tutti quelli che hanno apprezzato e apprezzano
la meccanica di tutte le Alfa dell’epoca di Luraghi, era e
resterà l’ingegner Busso.
Elvira Ruocco 11 Gennaio 2006
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