Sono molteplici le modalità che una casa automobilistica può
intraprendere per cimentarsi nel mondo delle corse. La meno
onerosa è quella di preparare, per l’uso agonistico, un
esemplare già in produzione nelle catene di assemblaggio. In
questo caso si ha già la base su cui lavorare e soprattutto la
meccanica, a livello di architettura, è quella del modello di
serie, basta rivederla e correggere eventuali soluzioni adottate
per contenere i costi nella produzione di serie.
Molte case hanno fatto fortuna scegliendo questa soluzione una fra
tutte l’Abarth.
L’alternativa è molto più complessa e onerosa. Si parte da un
foglio bianco e il progettista, di solito lasciato a briglia
sciolta, può creare dal nulla un modello studiato e realizzato
per essere protagonista in una precisa categoria. Se quella
categoria si chiama Sport allora il lavoro non è affatto noioso
bensì molto stimolante e di grande responsabilità, specie se poi
consideriamo gli anni sessanta dove le case automobilistiche
puntavano più a vincere in questa categoria piuttosto che nella
massima formula.
Di sicuro l’Alfa Romeo rappresenta una vera e propria eccezione
a questa classificazione, infatti ha saputo eccellere sia con
modelli appositamente creati per l’uso agonistico sia preparando
le sue vetture di serie collezionando un numero impressionante di
tronfi in ogni angolo del mondo.
LA 33 TT 12

Ma ritorniamo al periodo di riferimento: inizio anni 60. L’Alfa
Romeo è impegnata nelle corse sostanzialmente con due vetture:
per il turismo la Giulia Quadrifoglio e per le gare Sport la TZ.
Senza dubbio due auto molto valide e ben competitive sulla carta.
Ma quando ci si chiama Alfa Romeo allora si è visti come la
macchina da battere! Le altre case automobilistiche non stanno
certo a guardare con le mani conserte e corrono ai ripari. La Ford
per contrastare la Giulia si rivolge addirittura alla Lotus
trasformando la sua paciosa Cortina in una piccola peste. L’Alfa
Romeo gli risponderà con la Giulia GTA. Nella categoria Sport la
concorrenza è agguerritissima e la TZ non regge il passo delle
fortissime Porsche. L’incidente di Sanesi a Sebring fa
riflettere il presidente Giuseppe Luraghi, l’Alfa Romeo ha
bisogno di una nuova auto da corsa più competitiva.
Una Sport che non dovesse derivare la sua meccanica dalle auto di
serie in produzione ma una macchina tutta nuova pensata e studiata
per ritornare protagonisti nella categoria omonima.
Giuseppe Busso si mette allo studio del nuovo progetto che ha nome
105.33, il risultato è eccellente: una berlinetta con motore
centrale a 8 cilindri a V di 90° di 1995 cm a doppia accensione,
capace di erogare la notevole potenza di 230 CV a 8800 giri al
minuto. La distribuzione è ovviamente a doppio albero a camme per
ogni bancata di cilindri, l’alimentazione del propulsore è
affidata all’iniezione meccanica Spica multipoint dotata di
doppia pompa elettrica. Il cambio di velocità è meccanico a 6
rapporti sincronizzati e ravvicinati. Il differenziale
autobloccante. Sospensioni a bracci trasversali, molle elicoidali
e barra stabilizzatrice. Il telaio è costituito da tre grossi
tubi di alluminio con sezione circolare con un elemento
trasversale tra sedili e motore. Le dimensioni: altezza 990 mm,
lunghezza 3970 mm, larghezza 1710 mm, interasse 2350 mm,
carreggiata anteriore 1350 mm e posteriore 1445 mm.
La vettura pesa a vuoto 700 kg, il serbatoio è capace di
contenere 98 litri di benzina ed è disposto in posizione laterale
davanti l’asse posteriore.
Il rapporto peso potenza è di 3,05 kg ogni cv.
La velocità massima 260 km/h.
Il debutto avvenne il 7 gennaio 1967 sulla pista Junior di Monza,
fu un disastro. Il collaudatore, Teodoro Zeccoli, mise le ruote su
una lastra di ghiaccio ai bordi della pista, la vettura intraprese
un looping, sbalzò il pilota fuori dall’abitacolo e dopo
l’urto prese fuoco. Il tutto davanti agli occhi dei giornalisti
chiamati per l’occasione.
Dopo questo primo prototipo andato distrutto ne vennero
commissionati alla carrozzeria Bertone altri due. Scaglione
differenziò le due vetture, la prima era dotata di cristalli di
sicurezza, rivestimenti interni imbottiti, impianto di
riscaldamento e vetri laterali discendenti. La seconda aveva un
allestimento sportivo: vetri fissi in plexiglass e sedili da
competizione in tessuto.
LA 33 STRADALE
Da queste vetture, che vanno sotto il nome di “33 Stradale”,
si avvia una piccola produzione di 18 unità, costruite tra il
novembre ’67 e marzo ’69. L’esemplare del museo di Arese,
che moltissimi appassionati hanno visto, è uno dei primi
costruiti. E’ l’ultimo con i doppi fari ed il primo con il
tergicristallo infulcrato in basso.
Da annotare la prima, e forse la più significativa, vittoria
nella 24 ore di Daytona (3-4 febbraio 1968) dove le 33
conquistarono i primi 3 posti nella classe 2000 Prototipi.
La vittoria nella corsa americana battezzò i successivi 30
prototipi allestiti dall’Autodelta, in versione coupè e
roadster, con la denominazione di 33/2 Daytona.
Nelle Daytona vennero montati due motori: il 2 litri, portato a
270 cv a 9600 giri, e nel ’68 debuttò alla Targa Florio il 2,5
litri con potenza di 315 cv a 8800 giri al minuto.
La cavalleria era elevata ma il dato scioccante era il peso della
vettura: solo 580 kg!
Questo risultato era ottenuto con l’utilizzo della fibra di
vetro per la carrozzeria (solo 55 kg) e dall’uso di componenti
in elektron, una lega di magnesio, per l’autotelaio.
L’Autodelta provvide a realizzare ben due carrozzerie: una
“coda lunga” e una “coda corta” da preferirsi a seconda
del campo di gara. Le dimensioni della Daytona a “coda corta”
sono: lunghezza 3960 mm, larghezza 1760 mm, altezza 950 mm,
l’interasse 2250 mm, carreggiata anteriore 1336 mm e posteriore
1445. La velocità, a seconda dei rapporti scelti, poteva arrivare
a 300 km/h.
Nel 1969 L’Alfa Romeo, approdata alla classe 3 litri, per essere
competitiva affianca all’8 cilindri un nuovo 12 cilindri
contrapposti. Quest’ultimo sarà il motore vincente. Nella
stagione 1975 l’Alfa Romeo conquista il Campionato Mondiale
Marche con la 33 TT 12, dove la sigla TT identifica il nuovo
telaio tubolare. Il numero 12 si riferisce ovviamente al
frazionamento del motore che ora ha una potenza pari a 500 cv a
ben 11.500 giri al minuto. La velocità massima è di 330 km/h!
Evoluzione della 33 TT 12 è la 33 SC 12. Venne costruita alla
fine del 1976 e fu subito campione del mondo nel 1977! La sigla
“SC” identifica il nuovo telaio scatolato in lega si
alluminio. La potenza aumenta da 500 a 520 cv. Per la gara di
Salisburgo fu allestita anche una versione sovralimentata con
cilindrata di 2134 cm e 640 cv a 11.000 giri per una velocità
massima di 350 km/h. Le dimensioni della 33 SC 12: lunghezza 3800
mm, larghezza 2000 mm, altezza 960 mm, interasse 2500 mm,
carreggiata anteriore 1490 mm, carreggiata posteriore 1470 mm e il
peso di 720 kg. Va ricordato che la 33 SC 12 si laureò campione
del mondo vincendo, nella stagione 1977, tutte e otto le gare in
calendario.
Queste potentissime Sport ora sono la gioia di fortunati
collezionisti che le utilizzano nelle manifestazioni rievocative
dando la possibilità agli appassionati di dare un “volto” e
una soprattutto una “voce” a vetture che purtroppo si possono
ammirare quasi esclusivamente sui libri di settore.