Alfa Diva
di Emiliano Montani
Com'è nata
Diva fuori...
...Diva dentro
Riflessioni ...
Scheda tecnica
Galleria Fotografica
Qualche informazione in più su Elasis e Franco Sbarro
Com'è nata
Se la 33 avesse una discendente sarebbe una coupè piena di
personalità, dalla linea magica sospesa tra retrò e moderno, dalle soluzioni tecnologiche evolute e animata
da un motore già entrato a pieno diritto nella leggenda.
Questo è quello che devono aver pensato i
creatori della Diva, dream car presentata al Salone di Ginevra 2006.
Il prototipo Alfa Diva,
autentico laboratorio marciante, è stato progettato e costruito da
Elasis con la collaborazione della scuola di design
Espera di
Franco Sbarro.
Libero dai vincoli della produzione di serie porta avanti la tradizionale filosofia Alfa Romeo: soluzioni
meccaniche sofisticate, motori potenti e un design che rappresenta il vero cuore sportivo del marchio.
La scuola
Espera con la collaborazione del
Centro Stile Alfa Romeo ha realizzato il design del prototipo.
Alla sua realizzazione
hanno contribuito anche:
ATR Group,
Tubi Style,
SRS Engineering Design,
Digitek,
Carrozzeria Granturismo Milano.
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Diva fuori...Tanti interpreti per un'opera
che difficilmente avrebbe potuto risultare più armoniosa: la carrozzeria prende i caratteri della mitica
33 Stradale
e li reinterpreta per dar vita ad una linea futuristica che sembra disegnata da uno stilista/ingegnere che
dell'aerodinamica sa tutto. Ecco quindi prendere forma dai "baffi" del classico trilobo delle appendici aerodinamiche,
con il grande
scudetto a recitare il protagonista inconfondibilmente Alfista della vista anteriore, completata
dai tecnologici
fari a LED che regalano alla Diva uno sguardo affascinante e intenso. Le prese d'aria della parte
bassa del muso rinfrescano a dovere i freni anteriori e agli angoli estremi della carrozzeria sono collocati gli spoiler
per aumentare l'aderenza.
La fiancata ha un andamento deciso e forte, segnato da pochi tratti che creano una
linea affusolata ma funzionale. Gli sbalzi ridotti snelliscono tutto il corpo vettura e la soluzione di apertura
delle portiere ad
ala di gabbiano, incernierate al centro del tetto, le dona la leggerezza stilistica di
una vettura "targa". L'attacco degli specchietti retrovisori alle estremità superiori del telaio del parabrezza
consente di alleggerire la vista laterale non interponendo ostacoli visivi tra le lamiere e le superfici vetrate.
Le prese d'aria subito dietro le ruote anteriori sono uno dei più espliciti richiami alla tradizione della 33
Stradale: collocate negli stessi punti e modellate sulle stesse forme ma con proporzioni più tese e dettagli
più spigolosi, sono l'ideale punto di equilibrio tra la modernità dell'anteriore e la classicità del posteriore.
Il gruppo ruota cattura l'attenzione sin dal primo sguardo: anche qui il design si accoppia alla ricerca della
massima funzionalità, appagando l'occhio con cerchi scomponibili dal design aggressivo, e la sicurezza di guida
grazie agli abbondanti spazi vuoti che permettono lo smaltimento ottimale del calore prodotto dai freni, che
sono composti da
dischi forati adeguatamente dimensionati e da sportivissime
pinze rosse collocate
verso il centro per ottimizzare la distribuzione dei pesi. Altri dettagli tutt'altro che secondari sono il
bocchettone per il rifornimento di carburante, tipicamente racing, e i ripetitori di direzione laterali inseriti
all'estremità della presa d'aria anteriore.
Guardando la Diva da dietro lo sguardo si sposta alternativamente
ad osservare i vari elementi che lo catturano, ognuno dotato di un incredibile fascino ma inseriti con invidiabile
maestria nella coda della vettura. Iniziamo dal
cofano motore, che con un'importante finestratura dalla
forma trapezoidale consente di ammirare il glorioso propulsore
V6 Busso (di cui parleremo più avanti),
protetto da un carter paracalore, da cui parte l'impianto di scarico che sembra più opera di un artista che di
un motorista. I terminali leggermente ovali e divergenti che si affacciano sulla parte alta della coda sono
una promessa di sensazioni forti, l'ala che li sovrasta sembra essere lì per tenerli un po' a freno. La generosa
griglia nera di smaltimento del calore tra una maglia e l'altra lascia intravedere il motore e ospita la scritta
identificativa del modello in font Alfa Romeo, e alle estremità due
gruppi ottici circolari, concentrici,
molto intriganti.
Nell'insieme ciò che stupisce sono soprattutto le dimensioni: dati alla mano la
Carrozzeria di Sbarro è riuscita a dar vita a un vero esempio di styling contenendo la lunghezza entro i
4 metri,
che abbinati all'altezza ridotta connotano la Diva come un leggerissimo vestito che lascia trasparire tutta la
potenza di un motore leggendario, le prestazioni da sogno, la leggerezza e l'agilità che la fanno già sognare
impegnata tra i cordoli.
I numerosi richiami alla
33 Stradale
non sono assolutamente banali: sarebbe facile progettare una nuova auto dalla linea futuristica e poi adattarla allo
spirito Alfa aggiungendo qui e là delle citazioni di un bolide del passato. Sulla Diva tutto è proporzionato e al proprio
posto, persino i fari a LED, che non siamo abituati a vedere nelle auto di tutti i giorni, non sfigurano nell'insieme;
oppure un elemento estremo come il muso, assolutamente non convenzionale per l'architettura che incorpora l'alettone,
non dà sensazioni di stonatura o di eccessiva ricercatezza.
L'
ispirazione è chiara, palese, si ritrova in
ogni angolo da cui si guarda la Diva, ma non scade mai nella mera copia carbone di un dettaglio che dà valore all'insieme:
la Diva e la 33 sono opere a tutto tondo
figlie dello stesso spirito ma appartenenti a generazioni distanti nel
tempo ma non dissimili nel carattere.
Interessante notare invece le differenze con un altro studio di Alfa
Romeo sportiva: la
8C Competizione,
finalmente entrata in produzione. Vedere la 8C è pensare alla parola "GranTurismo" e sentire echeggiare nella
mente i ricordi di comodi viaggi a bordo di una coupè a due posti secchi, veloce ma mai scorbutica o avara di
comfort verso i suoi occupanti.
La Diva invece sembra nata per correre: la dotazione è essenziale e tutto
è progettato in funzione delle prestazioni non solo motoristiche, ma anche e soprattutto telaistiche. Come
abbiamo detto, il design è dettato dell'aerodinamica ed uno è parte integrante dell'altra.
Se immaginiamo
la 8C elegante ed altera, parcheggiata all'uscita del Teatro della Scala la sera della "prima", la Diva è già
pronta al semaforo della pitlane, ad aspettare il verde per divorare instancabile giri veloci.
Ci
sono stati altri precedenti di realizzazioni così marcatamente agonistiche in casa Alfa.
La
Giulietta SZ rappresentò,
come la Diva, un vero e proprio laboratorio sperimentale di aerodinamica; fu costruita in diversi esemplari che testarono
diverse soluzioni per il muso e la coda, fino ad arrivare alla
Goccia carrozzata da Michelotti, che superava
i 220 km/h di velocità massima.
La
Giulia Tubolare
Zagato, fu un fortunato esempio di auto costruita per essere espressamente destinata alle competizioni. La
TZ coniugava la meccanica della Giulia TI Super ad un telaio a traliccio di tubi e una carrozzeria in alluminio,
il tutto per un peso record di 620 kg! Pur non avendo un motore potentissimo in assoluto la TZ era agilissima,
merito del peso ridottissimo e della ricerca di un baricentro il più basso possibile: basti pensare che la seconda
Evoluzione della TZ fu progettata abbassando il piantone dello sterzo e, di conseguenza, l'abitacolo.
Sempre
su base Giulia fu costruita nel 1966 dalla OSI (Officina Stampaggi Industriali) la
Scarabeo, in tre esemplari,
con motore della GTA posteriore trasversale e carrozzeria in poliestere armato. L'ardita linea a cuneo era
frutto delle sperimentazioni aerodinamiche, come si può capire dal muso appuntito e allungato, la coda bassa e
tronca e il parabrezza avvolgente.
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...Diva dentro
Gli interni, progettati interamente in Elasis tramite CAD, sono di netta ispirazione
racing: due
sedili leggeri parzialmente in pelle, solcati da cinture a 4 punti rosse; volante Momo dal diametro esiguo e tagliato
in basso; essenziali bocchette di ventilazione; console centrale ricca di interruttori e un paio di manettini su cui
si leggono alcune esaltanti scritte tipo
"Ripartitore di Frenata" o
"ABS". Niente radio, niente
climatizzatore, niente ESP.
Solo un display subito davanti al volante a comunicare le informazioni
vitali della Diva, che fortunatamente ha bisogno di comunicare molto di più dinamicamente che accendendo
spie su un cruscotto.
Subito dietro i due sedili è ancorato al telaio il fantastico V6 Busso,
che spinge la Diva a 270 km/h sfiorando i 300 Cv di potenza massima.
Per ottenere il miglior
comportamento dinamico possibile è stato deciso di collocare il propulsore nella posizione più consona
ad un'Alfa da corsa, cioè
trasversalmente e
al centro. In questo modo si ripartisce
adeguatamente il peso sui due assi, ottenendo come conseguenze un basso baricentro, un momento d'inerzia quasi
nullo, a tutto vantaggio dell'
agilità e della
motricità.
Il cambio
Selespeed a
6
marce, collocato in blocco a tre assi, si occupa di trasmettere il movimento del motore alle ruote posteriori.
Nascosto sotto una carrozzeria che monopolizza gli sguardi e l'interesse il
telaio rischia di passare
inosservato, invece recita una parte fondamentale per la Diva. La
cellula centrale è in carbonio per assicurare
la massima rigidezza e nel contempo contenere il peso; le sospensioni sono a
quadrilatero, mentre l'insieme
molle-sospensioni (impossibile non notarlo ai lati del gruppo motore) è di tipo
push-rod con Rocker.
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riflessioni ... La Bella (8C)
e la Bestia (DIVA).
Due bellissime, coupè, due Alfa Romeo, così simili e così diverse, entrambe si ispirano
stilisticamente (la DIVA in parte anche meccanicamente) alla bellissima 33, una sportiva di razza pura, nata
esclusivamente per le corse.
La 8C di Egger, una GT elegante ed aggressiva, con una meccanica raffinata,
derivata direttamente dalla Maserati e un telaio in carbonio. Un’Alfa da sogno, non solo per le sue caratteristiche
tecniche e stilistiche, ma anche per il prezzo esclusivo, superiore ai 160.000 € e per la produzione in serie
limitata a 500 esemplari.
Contemporaneamente è stata sviluppata, tra la Campania e la Svizzera, passando
per Arese, la DIVA, un piccolo e leggerissimo coupè, un concentrato di tecnologia che purtroppo per noi Alfisti,
non vedrà mai la luce.
La gestazione di queste due vetture è in realtà diversa, perché la 8C è nata quasi
di nascosto, come la Nuvola ed altre in passato, ma fortunatamente non ha preso posto accanto a loro nel Museo
di Arese, forse perché l’impatto che ha avuto sul pubblico nelle tante esposizioni ai più noti saloni automobilistici
mondiali è stato tale da “costringere” la Dirigenza a metterla in produzione, anche se non in diretta
concorrenza con la “sorella” della Maserati da cui deriva.
La DIVA invece è un laboratorio viaggiante,
incredibilmente ed inequivocabilmente Alfa in ogni suo particolare, come se lo spirito Alfa avesse guidato
la mano dei bravissimi ingegneri della ELASIS. Ma anche la DIVA ha riscosso un incredibile, successo nelle
poche apparizioni pubbliche, tra cui il salone di Ginevra e il Villa d’Este del 2006.
La ricerca
estrema della leggerezza, dell’efficienza meccanica e aerodinamica, nonché del comportamento dinamico,
sono principi fondamentali su cui si deve basare un’Alfa Romeo, senza dimenticare una delle parti più
importanti, il motore, e la DIVA ospita in posizione posteriore - trasversale, il vecchio e glorioso
V6 “Busso” della GTA, portato, rispettando sempre la normativa antinquinamento EURO 4, alla bellezza di 290 cv.,
senza ricorrere a nessuna moderna tecnologia o sovralimentazione.
Insomma un’Alfa autentica, frutto
della passione e dell’intelletto degli ingegneri della ELASIS, fiore all’occhiello della tecnologia
automobilistica italiana, della passione ed esperienza del Centro Stile di Arese e del geniale stilista
italo-svizzero Franco Sbarro, che vive da molti anni in una terra che è una seconda patria per le
vetture di Arese.
Qualche anno fa, noi di Alfasport facemmo un sondaggio per chiedere agli Alfisti se
desideravano che la 8C entrasse in produzione, il risultato fu scontato (vinse il SI con il 97% dei voti). Questa
volta non lo rifacciamo, perché non otterremo risultati molto diversi e anche perché, come detto sopra, questa vettura
è un prototipo puro, nato con scopi molto diversi dalla 8C.
Concludo con una preghiera rivolta al Dott. Baravalle,
Amministratore delegato dell’Alfa Romeo. Anche se questo sogno rimarrà tale, è bene farla vedere in giro questa
meraviglia, oppure dargli il posto lasciato vacante (fortunatamente) dalla 8C al Museo dell’Alfa Romeo, se lo
meritano i ragazzi della ELASIS e gli Alfisti a cui è dedicata.
Carlo Alberto Monti
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Scheda tecnica
- Lunghezza 3894 mm;
- larghezza 1869 mm;
- altezza 1182 mm;
- passo 2402 mm.
- Motore V6 3.2 "Busso" portato a 290 cv a 6200 giri/minuto, collocato in posizione posteriore centrale;
- cambio Selespeed a 6 marce;
- peso 1000 kg distribuito al 60% al posteriore;
- velocità massima 270 km/h;
- accelerazione da 0 a 100 in 5 secondi.
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Galleria fotografica
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Qualche informazione in più su...Elasis

Elasis S.C.p.A. viene
costituita nell'Ottobre 1988 dal Gruppo Fiat come società consortile dedicata alla ricerca nell'ambito
dei programmi di sviluppo dell'Italia del Sud. Opera infatti nel Mezzogiorno, attraverso i Centri di Pomigliano
e di Lecce, con oltre 800 dipendenti dall'età medià di 35 anni e con una elevata scolarizzazione.
Si
tratta di un centro di ricerca ad elevata specializzazione nel settore dell’innovazione tecnologica, dello
sviluppo completo di veicoli, della mobilità, del suo impatto sull’ambiente e della sicurezza stradale. Dispone
di mezzi di progettazione e calcolo, oltre che di strumentazioni per la sperimentazione fisica e virtuale, tra
i più avanzati perché si basano su una capacità di sviluppo e gestione di sistemi informatici di assoluto rilievo.
Il punto di forza di Elasis è la capacità di integrare le più avanzate tecniche di progettazione, prototipazione
e sperimentazione (virtuali e fisiche). Questo know-how viene applicato a un ampio spettro di settori produttivi.
Oltre al settore automotive infatti Elasis si occupa anche di sviluppo del territorio, fornendo ai principali
centri di ricerca universitari mezzi avanzati per lo studio delle innumerevoli problematiche legate all'ambiente
quali lo sviluppo e il miglioramento della rete viaria, la mappatura tecnologica e l'analisi di domanda e offerta
per ciò che riguarda il fabbisogno del territorio.
Nel corso degli ultimi anni le attività principali
hanno riguardato: il
Centro di Competenza sulla Biomeccanica che ha contribuito in maniera significativa
alla conquista delle 5 stelle Euro NCAP da parte di Fiat Croma, Fiat Grande Punto e Alfa 159; il
Progetto
sviluppo 225 Minicargo, relativo all’ottimizzazione del peso e alla standardizzazione di componenti del
veicolo sviluppato dalla Joint venture tra Fiat Auto, PSA e Tofas; l’
Impostazione prodotto per nuovi modelli
(vetture del segmento C di Fiat Auto e Ferrari spider a 9 cilindri);
Prototipo a Dinamica Rapida, che
esaspera la velocità di attuazione dei sistemi dinamici del veicolo. E poi ancora: l’
Evoluzione motore FIRE
nella nuova famiglia di propulsori da 1,1 a 1,4 litri, tra i quali spicca il 1.4 con variatore di fase della
Grande Punto; il
Product Lifecycle Management per diffondere trasversalmente le best practices; i
Nuovi
modelli di simulazione “Hardware in The loop! (HIL)” che permette di valutare la maneggevolezza di un veicolo fin dalla
fase di impostazione; l’
Ergonomia del posto di lavoro (linee di assemblaggio dell’Alfa 159 e validazione di indici
ergonomici);
Mobilità e sicurezza stradale, condotto in partnership con la Provincia di Milano.
La sperimentazione operata da Elasis per e con il Gruppo Fiat parte dallo stadio embrionale del progetto; allo sviluppo
materiale di pianali, scocche, propulsori, trasmissione si affianca il processo fondamentale di integrazione delle componenti.
Si testano le varie parti singolarmente per poi arrivare all'intero completo e complesso del sistema "automobile".
Le centraline ad esempio vengono sottoposte nel laboratorio
Hardware in the loop a test di resistenza fisica e
tecnica, per poi essere associate man mano alle altre centraline dello stesso gruppo (ABS ESP + controllo motore +
controllo cambio robotizzato) per condurre la verifica della giusta interazione tra i vari sottosistemi. Si passa
poi alla simulazione della guida dell'intera auto grazie a diversi profili che permettono di attraversare le più
diverse condizioni di utilizzo.
Grande importanza è data alla
sperimentazione virtuale, che in un
mercato affollato e in continuo rinnovamento consente di abbreviare sensibilmente i tempi di produzione di un nuovo
progetto. Per fare questo Elasis dispone di avanzati strumenti tecnologici per condurre ricerche in 3D.
La
sperimentazione fisica viene perseguita attraverso una serie di prove che si concentrano soprattutto
sulla robustezza e sulla resistenza di tutte le componenti: banchi accumulo di km, test rumorosità e vibrazioni,
test di compatibilità elettromagnetica, di consumi ed emissioni, prestazioni, prove in camera climatica per testare
le diverse condizioni ambientali in cui l'auto si troverà ad operare.
Altri dipartimenti conducono la
realizzazione di prototipi (anche funzionanti), la progettazione del processo di costruzione con verifica delle
singole postazioni di lavoro, lo studio della sicurezza stradale, per tenere completamente in considerazione tutto
ciò che ruota attorno al progetto automobile.
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Franco Sbarro

Sbarro è uno dei
geni italiani poco conosciuti ed apprezzati nel loro paese d'origine, ma che in giro per il mondo rappresentano
meravigliosamente la nostra cultura.
Il suo vero nome è Francesco Zefferino Sbarro, classe 1939, pugliese,
figlio di un agricoltore ma già da giovane si interessa a tutto ciò che è meccanico, la sua esperienza inizia
smontando e modificando motociclette e ciclomotori.
Terminati gli studi emigra in Svizzera nel 1957, dove
inizia subito a lavorare come meccanico. Dopo un paio d'anni acquista una piccola officina e comincia la
collaborarazione con un piccolo costruttore tedesco di automobili, Borgward. L'incontro fondamentale per
Sbarro avverrà tempo dopo con
Georges Filipinetti, un magnate appassionato d'auto che gli affiderà
la direzione tecnica della allora prestigiosa Scuderia Filipinetti, un team impegnato nelle prestigiose
competizioni di durata molto popolari negli anni '60.
Oltre ad occuparsi della gestione tecnica della
scuderia Filipinetti, Sbarro seguiva anche il restauro e la messa a punto di prestigiose vetture da
corsa dell'epoca come AC Cobra, Ferrari P3 e Ford GT40. Nello stesso periodo vede la luce la sua prima
creazione, la coupé Filipinetti basata su pianale VW Karmann.
Nel 1968 nasce l'
ACA (Atelier
de Construction Automobile), coronando il sogno di creare una factory che progetti, costruisca e restauri
qualsiasi tipo di automobile. La prima vettura a fregiarsi del marchio Sbarro è la Dominique III.
In seguito si specializza nella costruzione di perfette repliche di sportive del passato con ottimi risultati:
sia la Daimler-Benz che la BMW lo autorizzarono ad inserire i propri marchi sulla replica della Mercedes 540 K e
della BMW 328.
Negli anni successivi crea vetture uniche, interamente realizzate a mano, secondo i gusti,
dei ricchi e fortunati committenti.
Nel 1989 inventa la
ruota orbitale (senza mozzo) e crea il primo
telaio
"dual frame" che caratterizzerà gran parte della sua produzione di supercar. Un sistema di
costruzione adottato attualmente anche da altri piccoli costruttori di auto sportive.
Qualche anno dopo
costituisce l'
Espera Sbarro, una scuola unica per design di automobili, con sede a Pontarlier in Francia.
Si tratta quasi di una "bottega" dove l'allievo, oltre ad imparare i fondamenti del design, partecipa alla
costruzione delle vetture. L'Espera Sbarro presenta ogni anno, al Salone di Ginevra, 2-3 vetture prototipo
risultato degli studi degli allievi.
Sul sito
www.espera-sbarro.com.fr
ci sono tutte le informazioni per chi volesse intraprendere i corsi di design e una splendida galleria delle
creazioni marchiate Sbarro.
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Emiliano Montani (Emilius)
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