Nicola Romeo
Dall’unione con l’A.L.F.A. il fascino di un grande nome
(di Elvira Ruocco)
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Nicola Romeo era un uomo intelligente e colto ed aveva una grande passione per la matematica e la geometria. Non somigliava agli altri capitani d’industria perché era più basso di statura, era calvo e aveva dei grossi baffi, ma sapeva essere ironico e per la sua capacità di rapportarsi con gli altri e le sue doti persuasive, gli industriali lo avevano soprannominato “la Sirena”, oggi sarebbe stato un grande “comunicatore”.
Nicola Romeo era nato a Sant’Antimo (provincia di Napoli) il 18 aprile 1976, da una famiglia povera e numerosa. Suo padre era un insegnante. Nonostante provenisse da un ambiente molto povero, riuscì a stabilirsi a Napoli e a frequentare la Scuola di Applicazione grazie anche alle lezioni di matematica ed inglese che dava ai suoi compagni. Nel 1899, quando aveva 23 anni, conseguì la laurea in ingegneria civile. Si trasferì poi in Belgio dove studiò per circa un anno ingegneria elettronica presso l’Università di Liegi; scrisse alcuni testi e diede un valido contributo alla risoluzione di parecchi problemi e teoremi.
Nel 1905, Romeo sposò Angelina Valadin, figlia di un ammiraglio della marina portoghese, che gli diede sette figli, tre maschi e quattro femmine. Angelina era una pianista dotata anche di notevoli qualità canore, studiava alla Scala di Milano ed aspirava ad una carriera artistica. Ma Romeo le impedì di realizzare i suoi sogni imponendole la scelta tra la carriera e il matrimonio. Non voleva dividerla con nessuno, Angelina doveva essere solo sua e cantare per lui ed i suoi figli.
Una delle figlie raccontò in una intervista che era talmente rigoroso e rispettoso di sua moglie che nei primi anni di matrimonio, poiché Angelina non conosceva bene l’italiano, in famiglia si parlava francese. Delle quattro femmine, una fu chiamata Giulietta.
La conferma della personalità di Romeo, che è riuscito a rendere popolare il suo nome nel mondo più di quanto non abbia fatto Shakespeare, viene anche da questo episodio, sempre raccontato da una delle figlie:
“Nostro padre viaggiava ovviamente su vetture Alfa Romeo ma non guidava, aveva l’autista. Ebbene, noi avevamo una discreta confidenza con l’autista tanto è vero che ci rivolgevamo a lui dandogli del tu. Quando nostro padre se ne accorse, ci sgridò severamente dicendoci:
“Ricordatevi che questa persona è un lavoratore e come tale ha il diritto al massimo rispetto. Così dovemmo tornare a dare del lei all’autista.”
Ecco come lo descriveva, in un’intervista pubblicata su Ruoteclassiche nel numero di giugno 1989, la nipote Daniela Maestri Romeo:
“ Era una persona amabilissima, gentile, ma con un carisma notevolissimo, per cui nei suoi confronti nasceva sempre una sorta di timore reverenziale . Una personalità composta: da un lato la generosità, la fantasia, la disponibilità, anche l’autoironia, dall’altro il rigore tecnologico, la volontà di studiare, verificare, puntualizzare. Anche in famiglia incuteva una ragionevole soggezione. La famiglia, comunque, era con il suo lavoro il suo grandissimo amore. Tutto il suo tempo libero era per i suoi sette figli, quattro maschi e tre femmine. Aveva una compagna straordinariamente intelligente: donna Angelina Valadin, una portoghese. Dagli scritti che ho ritrovato sembra che i due si amassero molto. Nonna Angelina era una stupenda padrona di casa, una donna di rara determinazione. E lo posso dire per conoscenza diretta perché la nonna è stata per me una guida in più di un momento della mia vita. Una presenza fondamentale per il nonno, una compagna nel senso più moderno del termine.”
Nicola Romeo era anche un uomo generoso, non aveva dimenticato le sue origini umili e questo lo portò a fare delle opere di beneficenza. In una lunga intervista rilasciata il 7 dicembre 1925 al periodico francese L’Auto, disse di aver donato, subito dopo la prima guerra mondiale, un milione per la creazione nel suo paese Natale di un asilo per bambini orfani e senza tetto. E per questo fu nominato cittadino onorario di Napoli.
Questa e molte altre opere di carità gli valsero la nomina anche a Cavaliere della Gran Croce della Corona italiana.
Nella storia dell’Alfa Romeo, l’ingegnere napoletano ha avuto un peso determinante. Nonostante un inizio promettente, l’A.L.F.A. (Anonima Lombarda Fabbrica Automobili) entrò in crisi alla vigilia della prima guerra mondiale, tanto che il 28 settembre 1915 fu posta in liquidazione. Fu salvata dalla Banca di Sconto che possedeva la maggioranza delle azioni e la passò alla “Accomandita Semplice ing. Nicola Romeo & C.” il 2 dicembre dello stesso anno decretando lo storico matrimonio.
Alla fine della guerra fu complicato e laborioso ritornare alla produzione civile dopo aver costruito proiettili per artiglieria , ma anche in questa occasione l’ingegner Romeo dimostrò il suo talento d’imprenditore riavviando la produzione automobilistica.
Un’altra conferma della lungimiranza di Nicola Romeo venne dall’impulso che egli seppe dare all’attività sportiva.
Le Alfa Romeo vincevano gare prestigiose, ma quello a cui lui mirava era il successo nel Campionato del Mondo. E arrivò anche il trionfo iridato nel 1925, con la P2 progettata da Vittorio Jano.
A dicembre dello stesso anno, la S.A. Ing. Nicola Romeo &C si sciolse. Direttore generale fu nominato Pasquale Gallo mentre a Nicola Romeo, per compensarlo dalla parziale estromissione, fu offerta la carica di presidente, carica che conservò fino al 1928 anno in cui si trasferì nella sua villa di Magreglio, sopra il lago di Como, dove visse i suoi ultimi anni di vita e dove si spense il 15 agosto 1938.
Nicola Romeo ha il merito di aver costruito per l’Alfa l’immagine di una fabbrica vincente, quella delle automobili rombanti e veloci, più veloci delle altre, come dimostrato i successi nelle corse degli anni ruggenti che hanno fatto dell’Alfa Romeo un mito, un mito che il giornalista inglese Brian Twist sulla rivista inglese Autocar del 1^ dicembre del 1933 così commentava:
“Alfa Romeo! Basta questo nome a far correre l’immaginazione, a far balenare nella fantasia le grandi corse su strada del continente, i Gran Premi, la Targa Florio, il Circuito di Monza, le glorie dell’automobilismo.
Nomi come Ascari, Brilli Peri, Borzacchini, Campari balzano alla mente. Ed io sì, ridete, io posso dire di aver sfiorato l’orlo del loro mantello perché anch’io ho guidato un’Alfa Romeo”.
Elvira Ruocco
14 febbraio 2006
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