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Lo scandalo emissioni cambia il destino dei diesel in gamma


Il Gruppo Volkswagen ridurrà il numero di motori diesel della gamma americana: a delineare la strategia per il futuro, conseguenza dello scandalo emissioni che ha colpito duramente Wolfsburg anche dal punto di vista economico, è lo stesso Hinrich Woebken, Ceo della divisione Usa.

Revisione in corso. Parlando con Automotive News, Woebcken ha spiegato che i diesel sono ancora presenti nei piani per il triennio 2017-2019 (enti regolatori permettendo), ma che il Gruppo sta già "riconsiderando" il loro ruolo nella gamma americana: "Non fermeremo i diesel – ha detto il top manager – Dove avranno ancora senso continueremo a offrirli, ma dobbiamo accettare il fatto che la percentuale di prima non tornerà più". Tra l'altro, a partire dal 2017 - ma soprattutto dal 2019 - la normativa americana sulle emissioni diventerà rigorosissima: "Avremmo dovuto comunque avere un'alternativa - riflette Woebcken - la crisi del diesel ci costringe semplicemente a pensarci prima".

Stop da settembre. Prima del dieselgate, il Gruppo offriva motori a gasolio per sei modelli su otto, abbastanza per garantire il 20% del fatturato. Le vendite si sono fermate lo scorso settembre, subito dopo l'esplosione dello scandalo: da allora, i tedeschi non si sono più rivolti all'Epa per ripartire con la commercializzazione. Un segno preciso.

I nuovi modelli e le batterie. La "ritirata" dal diesel si sposa con la strategia globale tracciata dal Ceo del Gruppo, Matthias Müller: entro il 2020, Wolfsburg intende lanciare venti modelli a batteria, con l'obiettivo di vendere un milione di elettriche e ibride plug-in all'anno nel giro di cinque anni. I nuovi modelli in arrivo negli Usa (Golf Alltrack o la Suv media Volkswagen attesa per la prossima primavera) dovrebbero riflettere le scelte pro batteria. Poi, a partire dal 2020, sarà la volta delle vetture basate sulla piattaforma "elettrica" MEB, inaugurata a gennaio dal microbus Budd-e.

Tre Stati sulle barricate. Nel frattempo, sulla testa del Gruppo cade una nuova tegola made in Usa. Secondo la Reuters, i procuratori generali di tre Stati (Maryland, New York e Massachusetts) sarebbero pronti a citare in giudizio i tedeschi per i defeat device e la "violazione delle leggi ambientali", con l'obiettivo di ottenere indennizzi in sede civile. Per il New York Times, i documenti di New York e Maryland chiamano in causa Martin Winterkorn e lo stesso Müller: secondo i procuratori, l'attuale Ceo (allora in Audi) sarebbe stato al corrente della situazione dei 3.0 TDI "sin dal 2006", un'ipotesi che secondo la Volkswagen "non regge alla prova dei fatti". In ogni caso, le tre amministrazioni fanno parte dei 44 Stati che hanno già raggiunto un'intesa "parziale" sulle compensazioni ambientali, per cui il Costruttore dovrà complessivamente sborsare 603 milioni di dollari in compensazioni: nei giorni scorsi, la California ha già ricevuto la propria parte, pari a 86 milioni di dollari.

Il piano nazionale. Parallelamente, il prossimo 26 luglio si terrà la prima udienza per l'approvazione preliminare del piano nazionale da 14,7 miliardi, concordato con il Dipartimento di Giustizia: il progetto riguarda le soluzioni per i 475 mila motori 2.0 TDI, mentre per gli 85 mila 3.0 V6 TDI manca l'approvazione del California Air Resource Board. Dopo aver bocciato la proposta per i richiami, definita "incompleta e sostanzialmente inadeguata", l'ente ha rinviato a dicembre ogni decisione.


Fonte: quattroruote.it

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