“L' Alfa Romeo di Ugo Gobbato (1933-1945)”.



Si è tenuta sabato 2 Aprile, presso la prestigiosa Università Bocconi di Milano, l' interessante conferenza che ha aveva come titolo “l' Alfa Romeo di Ugo Gobbato”, ovvero l' analisi di un periodo che ha visto la nascita di una realtà industriale a matrice “pubblica” e l' affermazione di una filosofia di prodotto che ha cercato, con i molti limiti del tempo (che verranno successivamente analizzati), di imporre una concreta efficienza e “dignità” all' allora nascente industria metalmeccanica statale.
In questo ambito, la figura di Ugo Gobbato si pone in un ambito di assoluto rilievo nel panorama socio economico del tempo dato che, pur manovrando in un settore con i parecchi limiti imposti da un' acerba “mentalità aziendale“, riesce in qualche modo a “destrutturare” questo mondo permeato da un concetto del lavoro ancora “artigianale”, ponendo essenzialmente le basi per quella filosofia imprenditoriale che, ancor oggi, risulta valida ai fini dello sviluppo (e della “sopravvivenza) di una qualsivoglia attività industriale.
Come dicevamo quindi, la creazione di una “realtà industriale statale”, votata a quei princìpi di modernità ed efficienza che si mettano in concorrenza con la migliore “concorrenza privata” nazionale ed internazionale, fornendo altresì essa stessa spunti e suggerimenti per un migliore sfruttamento delle risorse interne alla “fabbrica”.





FRANCO AMATORI – Direttore ISE università Bocconi.



Viene impostata in questi termini l' inizio della conferenza, nella quale ho brevemente riassunto i punti cardine del discorso di Franco Amatori, Direttore dell' Istituto di Storia Economica dell' Università Milanese, che pone anche l' accento sulla nascita, avvenuta nel 1933, dell' IRI (Istituto Ricostruzione Industriale) e dei motivi della sua creazione, volti fondamentalmente al “salvataggio” delle aziende pubbliche in difficoltà dopo la spaventosa crisi economica della fine degli anni '20.
Per creare le basi di una “sana” concorrenza tra “Pubblico” e “Privato”, l' impresa, definita letteralmente “folle” da alcuni economisti stranieri dell' epoca, viene attuata in modo spesso empirico, privo cioè di una “pensiero base” precostituito, ma, grazie anche a uomini dello spessore di Gobbato, porta a risultati indubbiamente efficaci: L' IRI, in questo caso, si oppone con tutti i mezzi alla privatizzazione dell' Alfa Romeo (che Giovanni Agnelli voleva rilevare a poco prezzo, sorte che arriderà decenni dopo a suo nipote), proprio in virtù di quella filosofia di pensiero che ritiene la “sana concorrenza” il miglior viatico per accelerare il progresso tecnologico: D' altra parte, la Storia ha dimostrato che i manager pubblici hanno spesso funzionato meglio di quelli privati, come la stessa Alfa Romeo ha insegnato negli anni dell' immediato dopoguerra.


EDOARDO BORRUSO - Dipartimento di Analisi Istituzionale e Management Pubblico



Quando si parla di Storia Industriale Italiana, sia essa rappresentata da Alfa Romeo che da altri protagonisti, non si può certo trascurare il lavoro di ricerca realizzato da Duccio Bigazzi che, attraverso l' archiviazione di un notevolissimo numero di interviste su nastro (recentemente “digitalizzate”), ha concesso a tanti studiosi la possibilità di apprendere ed approfondire informazioni di assoluta rilevanza: L' opera monumentale di Bigazzi (che apprezzava molto Ugo Gobbato per la sua competenza tecnica) si delinea come una testimonianza di assoluta rilevanza nella ricerca dei meccanismi che hanno mosso la Storia Industriale del nostro Paese, fornendo altresì gli spunti per interpretare meglio i motivi che stanno alla base, ad esempio, alla realizzazione di una vettura: La bellissima 8C 2900 non nasce infatti dalla “folgorazione” di una mente ispirata, ma si sviluppa attorno a dei ben precisi canoni tecnico/economici. In sintesi, “l' anima” di una vettura non va analizzata solo da un ristretto punto di vista, quello (limitatamente) “passionale”, ma come il risultato di una serie di scelte spesso molto più razionali e “obbligate” di quello che noi siamo portati a pensare.


MARCO FAZIO - Responsabile Centro Documentazione Alfa Romeo



Breve prefazione quella di Marco Fazio, impossibilitato a seguire per intero la conferenza per impegni legati alle tante manifestazioni storiche che coinvolgono uomini e vetture del Museo Alfa (purtroppo chiuso).
Fazio si limita a ringraziare Marino Parolin ed Alan Mantoan per avergli dato la possibilitĂ  di conoscere l' opera di Ugo Ugo Gobbato; Relativamente al secondo personaggio, ne anticipa l' uscita e saluta i presenti.



ALAN MANTOAN - Storico dell' Alfa Romeo



La relazione dell' eclettico Mantoan verte fondamentalmente sulla Tesi di Laurea da lui presentata all' Università Bocconi: “L' impresa di Stato tra vincoli e scelte imprenditoriali: Il riassetto organizzativo dell' Alfa Romeo”.
Con l' aiuto di diverse “slides”, Mantoan, che ringrazia per il suo Lavoro la Fondazione Bigazzi e l' Archivio Storico Alfa Romeo, ricostruisce il momento storico che precede l' arrivo di Ugo Gobbato all' Alfa.
Siamo negli anni immediatamente precedenti al 1930, quando Prospero Gianferrari guida la Casa del Biscione. Gianferrari comprende la necessità di diversificare il prodotto, anche se la difficoltà nel gestire tante realtà fa sì che non riesca nel suo intento primario, mettendo l' azienda in difficoltà; la disastrosa condizione economica che ne consegue, portato al suo licenziamento a favore di Corrado Orazi, ex direttore della OM di Brescia chiamato a dirigere l' Alfa Romeo.
La gestione di quest' ultimo genera però dei seri dubbi sul suo operato, motivo per cui Orazi preferisce dimettersi per evitare di dover svolgere un ruolo “assai ambiguo e difficile”.

A questo punto subentra Gobbato che, forte di un' esperienza internazionale che l' ha portato ad assumere ruoli via via sempre piĂą importanti, porta in dote quei criteri di eccellenza e razionalitĂ  che aveva conosciuto e sperimentato negli anni della sua militanza in FIAT (dove aveva avuto la posibilitĂ  di recarsi negli States a visitare la fabbrica di Henry Ford). Gobbato punta molto sull' eccellenza dei motori aeronautici e, di riflesso, anche sull' organizzazione di quello che diverrĂ  il primo stabilimento di Pomigliano d' Arco.
La scelta del sito viene condizionata dalla scelta “strategica” (poi vedremo che così non sarà) di realizzare un insediamento produttivo “lontano dalle Alpi” e quindi meno attaccabile in caso di conflitto rispetto ad un luogo più vicino a confini nazionali. A parte ciò, lo stabilimento “San Martino” (così fu infatti battezzato) si distingue per la razionale composizione dei vari settori, facilmente ampliabili in caso di future necessità; Interessante anche la decisione di voler “integrare” la realtà locale con quella industriale, con la realizzazione di un' azienda agricola interna, come a voler “legare” le maestranze attraverso l' interazione tra l' economia locale e quella “di Stato”.
Ma l' opera di Gobbato si concretizza anche nella diversificazione spinta del prodotto, attraverso l' impegno intrapreso in Alfa Romeo nel settore dei mezzi di trasporto pubblico; sotto la gestione del geniale imprenditore, Alfa Romeo produce ogni tipo di mezzo, dai bus fino ai vaporetti utilizzati a Venezia.

L' approssimarsi del secondo conflitto mondiale impone purtroppo una battuta d' arresto nel processo industriale iniziato da Gobbato: Anche qui, comunque, la figura dell' uomo si distingue per il coraggio e l' umanità che utilizza nel gestire i momenti più critici dell' occupazione tedesca, sia attraverso la richiesta di far lavorare presso l' Alfa i prigionieri di guerra (“possibilmente Russi“ – probabile conseguenza della sua lunga permanenza nella terra degli Zar), sottraendoli così al drammatico destino dei campi di concentramento nazisti, che attraverso “manovre aziendali” tese a “licenziare gli impiegati per assumerli immediatamente come operai”: Questa “manovra”, ricordata anche dal collaudatore Sergio Moroni, presente in sala, serviva ad impedire un loro immediato arruolamento nell' esercito e, conseguentemente, in un' attiva partecipazione alle attività belliche.
Terminato il conflitto, e configurato il triste epilogo che vede Gobbato barbaramente trucidato, l' attivitĂ  industriale della marca del Biscione rinascerĂ  e, proliferando, risentirĂ  enormemente dell' opera dell' uomo di Volpago del Montello. Particolarmente emozionante il documento, esibito da Mantoan in proiezione, che visualizza il necrologio ufficiale della morte di Gobbato.


PATRICK ITALIANO - Storico dell' Alfa Romeo



Altrettanto interessanti le disquisizioni di Patrick Italiano (conosciuto per diverso tempo dai frequentatori dei Forum di Alfasport con il Nickname ”GTV2000”) che, da studioso dell' Alfa Romeo, sintetizza per sommi capi il proprio lavoro intitolato “La progettazione auto dell' Alfa Romeo negli anni trenta” , precisando che, le tante considerazioni personali su Gobbato e sugli uomini che hanno interagito con lui, nascono da intuizioni che, lui per primo, ritiene passibili di critica, in quanto propriamente connaturate ad un giudizio soggettivo: Le opinioni di Patrick, in un primo tempo apparentemente “sconvolgenti” o, comunque, poco aderenti al “comune pensiero” sulle capacità di Gobbato, possono rivelarsi degne di considerazione e, ancorchè non pienamente condivisibili, comunque interessanti e stimolanti ai fini della conoscenza delle "verità" di quei tempi.
Ad ogni buon conto, Patrick anticipa le sue considerazioni con l' esposizione della realtà della Casa Milanese negli anni immediatamente precedenti all' arrivo di Gobbato, realtà dove l' attività automoblistica è indubbiamente marginale rispetto a quella, ad esempio, aeronautica.

Le vetture prodotte in quegli anni fanno parte di un mercato decisamente “di nicchia”, dove il termine assume connotati decisamente più “esclusivi” rispetto al senso che diamo alla parola al giorno d' oggi: Le 6C “1500” e “1750”, come la 8C 2300, con quest' ultima prodotta in circa 190 esemplari (già completati all' arrivo di Gobbato) e per la quale inizialmente era stato messo in forse addirittura il suo futuro produttivo, rappresentano per Alfa Romeo una sorta di “vetrina”, uno sforzo tecnico che dimostra la capacità tecnologica della Casa, senza nessun tipo di calcolo circa i costi di produzione, nè tantomeno supportati da una razionale pianificazione “industriale”.
Il “Mercato dell' Auto” di quel tempo, già di per sè condizionato da una realtà non certo fruibile a tutti, non rappresentava per la Casa del Biscione un settore merceologico su cui investire eccessive risorse in termini di pianificazione: Il “modello Fordiano” della catena di montaggio era praticamente ignorato, in quanto soffocato da una “orgogliosa mentalità artigiana”.
Per superare questo “limite mentale”, Gobbato punta essenzialmente sulla “destrutturazione” di quel “modus operandi”, focalizzando tre punti ben precisi.

 Forzare la rete degli informatori
 Eliminare la “cocciutaggine della tradizione”
 Eliminare l' “Egoismo dell' Amor Proprio”

In sostanza, si tratta di “scardinare” quei princìpi che stanno alla base della concezione artigianale di un prodotto che, seppur valido (e, in questo caso, ciò è indubbiamente innegabile) non può e non deve esimersi dal sottostare ad un calcolo economico che permetta la sopravvivenza di chi lo crea: I 3 aspetti filosofici “isolati” dal manager veneto costituiscono i punti sui quali lavorare per superare la limitazione della realtà artigianale.

I primi effetti di tale lavoro stimolano fin da subito (nel 1934) l' avvio di serrate trattative con i francesi della Citroèn per la produzione di un modello, la “Traction avant”(che per Alfa Romeo rappresentava nè più né meno che un' utilitaria) , per “saturare” gli impianti produttivi con un prodotto che ancora manca in Alfa Romeo: L' operazione trova però diverse resistenze interne, tra cui quella di Menichella, che si oppone con fermezza all 'idea che una vettura “popolare” possa fregiarsi dello stemma del Biscione sul cofano (in realtà si sarebbe trattato di un logo “ibrido” Alfa/Citroen), facendo in pratica cadere ogni velleità progressista di Gobbato.
(Se vogliamo comunque considerare l' estrema attualità del pensiero di Gobbato, possiamo trovare diverse analogie con la recentissima operazione di “rebadging” con la quale Sergio Marchionne ha di fatto rilanciato il marchio Lancia attraverso un prodotto, la Chrysler 300C, realizzato per un mercato diverso, “spalmando” i costi di produzione su di un Mercato più vasto e “saturando” le linee di produzione dello stabilimento di Chrysler: A tal riguardo, anche il famoso accordo che produsse la sfortunata ARNA, nacque da considerazioni sicuramente coerenti con questo discorso, anche se poi, come la Storia ha insegnato, “maldestramente” sviluppate, soprattutto a livello di Immagine).

Ma Patrick non dispensa solamente elogi nei confronti del manager veneto, portando ad esempio il conflitto che lo contrappone a Jano e che porterà all' allontanamento di quest' utimo: Secondo Italiano, Jano sconta una serie di situazioni negative delle quali tra l' altro non è estranea la responsabilità di Gobbato, forse anche per “convenienze politiche” (mai dimostrate, a parere dello scrivente) che lo porteranno a preferire Wilfredo Ricart, il progettista spagnolo che penderà le redini del Reparto Progettazione fino alla fine della II Guerra Mondiale.
Jano viene considerato da Gobbato come una persona dotata di concetti tecnici ormai superati, e questo in conseguenza del fallimento di progetti a lui commissionati che non riescono a passare la fase di prototipo. In realtà, questo è conseguenza più che altro “dell' ostracismo” dei Vertici dell' Alfa (tra i quali Gobbato) che impediscono a Jano di sviluppare le sue idee e di perfezionare i modelli da lui creati, privandolo delle risorse necessarie.

Piccolo ma significativo intervento, quello che si riferisce ai prototipi S 10 ed S 11, concepiti sotto l' egida dell' allora responsabile settore Auto da Turismo, Maggiore Bruno Trevisan: Riferendosi alle 2 vetture, Italiano rimarca la bocciatura che Gobbato decretò dei prototipi, per motivi essenzialmente legati alla loro obsolescenza meccanica: Si tratta comunque di una macchina innovativa a livello ditelaio,perchè, per la prima volta in Alfa Romeo, viene sperimentata una soluzione a scocca portante.



FABIO MORLACCHI - Storico dell' Alfa Romeo



Ultimo, ma non per questo meno interessante, la relazione del simpaticissimo Fabio Morlacchi, forse la presenza più piacevole ed inaspettata della giornata: Pur “sfavorito” dal caldo afoso, fattosi via via sempre più tangibile nella sala e dalla “stanchezza fisica” del pubblico, riesce a tenere incollati gli ascoltatori alle sedie con la sua spigliata dialettica e la straordinaria competenza in tema di produzione aeronautica marchiata Alfa Romeo.

L' intervento di Morlacchi comincia in maniera assai originale, con una antica stampa raffigurante la piantina di Milano: Con pochi ma curiosi cenni identifica la via e l' edificio della vecchia città dove è nata l' avventura della Casa del Biscione: fa quasi venire la voglia di organizzare un pellegrinaggio, tanta è la curiosità di ritrovare un luogo “di culto” dopo lo scempio perpetrato al Portello prima e ad Arese poi (l' unico, involontario, “omaggio” della città viscontea al luogo del primo insediamento industriale dell' Alfa Romeo, sarà la realizzazione della prossima stazione della nuova linea metropolitana oggi in costruzione, denominata, appunto “Portello”).
Perchè la produzione aeronautica è stata così determinante per Alfa Romeo?
Tralasciando gli ovvi aspetti economici relativi alle remunerative “commesse militari” (probabilmente il vero motivo “scatenante” l' antica rivalità con FIAT e lo storico e mai sopìto “fastidio” di quest' ultima per la “scomoda rivale”), la ricerca dell' eccellenza nel settore AVIO ha una preziosa ricaduta tecnologica e “filosofica” nella realizzazione di unità propulsive destinate alle auto.
Non a caso, l' utilizzo del compressore “a lobi” nei motori automobilistici è stata per lungo tempo una prerogativa di Alfa Romeo, che riusciva ad ottenere contemporaneamente una elevata potenza specifica (per i tempi) senza per questo inficiare una dote importante come l' affidabilità. Tutto ciò era possibile proprio alla sovralimentazione data dal compressore, che permetteva a parità di giri motore, un miglior riempimento della camera di combustione.
Un concetto semplice da capire, in fondo, ed alla portata anche dei meno smaliziati di tecnica meccanica: Ma quali sono i collegamenti con l' aeronautica? Semplice: Il motore a scoppio di un aereo doveva innanzitutto avere un basso numero di giri per esigenze legate alla sua durata (e quindi affidabilitĂ ) e funzionare bene anche a quote dove la rarefazione dell' ossigeno rendeva estremamente importante una compensazione volumetrica nella camera di combustione, pena una drastica diminuzione della potenza massima.
Da qui, la spiegazione del perchè i migliori costruttori di motori per aereo, si sono sempre distinti per i “normali” propulsori automobilistici (Daimler Benz, BMW ed anche FIAT, oltre naturalmente ad Alfa Romeo).
L' avventura aeronautica di Alfa Romeo inizia come costruttore su licenza di motori dell' inglese Bristol e dei suoi motori a stella, motori che negli anni successivi verranno perfezionati a tal punto da meritare un sincero elogio alla Casa del Biscione da parte degli stessi tecnici britannici, tra cui il celeberrimo Roy Fidden.
Morlacchi spiega anche il significato delle sigle dei motori Alfa, che siamo abituati a leggere senza una precisa consapevolezza: “126RC34”, ad esempio, sta a significare un motore dotato di “riduttore di giri” (“R”), compressore (“C”) e la quota (“34”), espressa in “ettometri”, dove si sviluppa la potenza massima: “126” rappresenta un codice di progetto interno scelto da Alfa Romeo.

L' avvincente racconto viene corredato da numerose immagini dell' epoca, che mostrano i motoristi dell' Alfa Romeo in diversi momenti di attività: Particolarmente interessante quella che ritrae un gruppo di lavoro immortalato sul Passo dello Stelvio mentre collauda un' unità destinata ad un' aeroplano. Morlacchi, dopo aver posto la domanda sul perchè si andasse a provare in quel particolare luogo, fornisce immediatamente la risposta: “L' unico modo di testare un motore di aereo nell' ambiente più consono al suo efettivo funzionamento, è andare i più possibile “in quota” per saggiarne il comportamento e le caratteristiche!
Vengono anche menzionati nomi spesso sconosciuti ai più, ma che ritrovano la loro “dignità professionale” attraverso il ricordo del relatore. Da questo punto di vista, ((Rodolfo)) Rondioli può a buon diritto essere accostato ai grandi progettisti automobilistici del calibro di Jano, Merosi e tutti coloro che gli si sono succeduti negli anni a venire.
..Il tempo scorre veloce e la giornata si appresta ad abbracciare la fascia pomeridiana; Le domande che vorrei fare a Morlacchi sarebbero tante e tali da farci vedere anche il crepuscolo, ma purtroppo ogni momento piacevole sembra sempre troppo corto rispetto a come lo vorremmo vivere. E' giunto purtroppo il momento del congedo e altro non ci resta che ringraziare e salutare coloro che, con passione e competenza, hanno arricchito il bagaglio culturale degli ospiti presenti.

Tra questi, provo un immenso piacere nel rivedere Guido Moroni, presenza illustre di tanti eventi di Alfasport del quale avevamo perso i contatti da un po': Mentre lo guardo penso a quanti importanti avvenimenti ha presenziato, di quanti collaudi è stato protagonista e, considerazione in tema con la giornata, del privilegio che ha avuto nel conoscere quel grande uomo che è stato Ugo Gobbato.
E, mentre penso a questo particolare, mi assale imperiosa la voglia di saperne di più della Storia dell' Alfa Romeo, una storia della quale non si finisce mai di conoscere le sfumature e che mi rende consapevole del perchè, chi lavorava all' interno dell' azienda, si sentisse un “privilegiato”, un piccolo ma fondamentale ingranaggio di una “macchina perfetta”.



La giornata è terminata e quale migliore fine può essere quella di salutare per ultimo colui che ho incontrato per primo? Svelo subito il mistero, menzionando un' altra, incredibile, persona, che ho avuto la fortuna di conoscere.
Per descrivere la personalità di Marco Rigoni si può fare riferimento, naturalisticamente parlando, ad un “vulcano in eruzione”: Lo vedi e già capisci che non potrai stare dietro alla sua incredibile vitalità, all' entusiasmo ed a quella “fanciullesca curiosità” che lo contraddistingue.
Pur “preparato” all' incontro da amici che me lo avevano descritto, non riesco ad “arginare” un sentimento di sincera ammirazione per una persona che riesce a fondere una eccezionale esperienza professionale (E' stato manager di azienda) con una passione per l' Alfa Romeo che non ne compromette però la lucidità dei suoi giudizi e delle sue considerazioni sulle vicende passate e presenti della Casa del Biscione.
Marco Rigoni non si può però solo descrivere: Va “vissuto di persona”, tale e tanta è la carica di entusiasmo riesce a trasmettere all' interlocutore.
Ci siamo ripromessi vicendevolmente di vederci nuovamente, magari uno di questi giorni lo chiamo e gli porto l' ultimo (definitivamente, ho promesso solennemente alla moglie!) dei miei “acquisti”.




P.S.
Un sentito ringraziamento al Dott. Marino Parolin,, incomprensibilmente assente tra i relatori, che, con la sua pregevole (ed imperdibile) pubblicazione ”Ugo Gobbato – La leggenda di un innovatore senza epoca”, mi ha trasmesso quella “febbrile curiosità” di saperne di più su di una figura così importante, ed ancora non completamente rivalutata, a mio modesto parere, della Storia Industriale Italiana; Una persona che vorrei vedere menzionata con pari dignità insieme ai Mattei, agli Innocenti, agli Olivetti ed a quel Luraghi che, sicuramente, ha saputo sapientemente “capitalizzare” quell' eccezionale “patrimonio di esperienze” messo in atto dal "manager" di Volpago del Montello.


Cibus


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