Marco Rigoni racconta...
l'Autofilobus







Il 1° gennaio 1936 sul Giornale d’Italia apparve la notizia che Roma stava per essere dotata di una modernissima rete filoviaria; furono pubblicati anche i termini della sua realizzazione, e visto che in quell’epoca le opere progettuali si portavano rapidamente a conclusione i tempi furono pienamente rispettati, contrariamente a quanto accade ai giorni nostri.
Sotto la direzione dell’architetto Parboni-Arquati si avviò la costruzione di due linee sperimentali sul percorso di altrettante linee di autobus esistenti. Furono scelte le linee 137, che da via Maria Luisa di Savoia arrivava fino al piazzale di Monte Livio per un totale di 5,5 km, e la 138, che partendo anch'essa da via Maria Luisa di Savoia si snodava fino a viale Pinturicchio.
La linea aerea fu equipaggiata dalla Compagnia Generale di Elettricità (CGE) mentre l’alimentazione venne derivata dall’esistente rete tranviaria.
Per il materiale rotabile, data la scarsa esperienza in proposito, l’architetto Parboni-Arquati commissionò l’acquisto di quattro serie di otto vetture ciascuna da altrettanti costruttori: la Breda, le Officine Della Stanga, la Fiat e l’Alfa Romeo, onde istituire un confronto. Come conseguenza di un saggio criterio di unificazione adottato sin dall’inizio dall’azienda di trasporti (ATAG), le carrozze dei vari tipi di filobus avevano tutte lo stesso disegno e le stesse dimensioni di base.

Le due prime linee filoviarie entrarono puntualmente in servizio a poco piĂą di un anno di distanza dall'annuncio, l'8 gennaio 1937, e furono accolte dal favore generale del pubblico.
Il filobus rivelò subito le sue doti essenziali: elevatissima accelerazione, marcia silenziosa e comoda per i passeggeri, assenza di fumi di scarico e condotta più semplice da parte dei guidatori, in quanto il veicolo era sprovvisto di cambio e frizione.
Inoltre, a confronto con il tram, il filobus può agevolmente scostarsi dall’asse bifilare per sorpassare altri veicoli e per accostarsi al marciapiedi durante le fermate.
Sempre nel 1936 l’ATAG prese accordi con l’Alfa Romeo per la trasformazione di sei autobus diesel 80-N a tre assi in autobus a motore elettrico ma il progetto incontrò difficoltà di realizzazione e venne abbandonato.
A gennaio 1937 partì invece il progetto dell’autofilobus, da qualcuno definito anche con il termine inglese bibus, ma vista la poca simpatia del regime verso tale lingua, ufficialmente venne denominato “vettura tipo Roma”.
Tale soluzione avrebbe dovuto permettere di coprire percorsi misti, cioè dotati solo in parte di rete elettrica, senza costringere i passeggeri a cambiare mezzo di trasporto.
Il progetto, sempre assegnato ad Alfa Romeo, prevedeva di utilizzare il telaio degli autobus 110 con equipaggiamento elettrico CGE. La consegna dei sei autofilobus doveva avvenire entro 6 mesi, ovvero in luglio.
A seguito del ritardo nell'esecuzione del progetto nacque una serie di discussioni con rimbalzo di responsabilitĂ  tra ATAG, Alfa Romeo e CGE, ma alla fine dell'anno, la prima macchina giunse a Roma, dopo essere stata esposta ad un salone dell'auto a Milano quale esempio del genio creativo italiano.
Alla prima vista la vettura, ufficialmente un Alfa Romeo 110-ANF, risulta piuttosto buffa: è un autobus a tre assi con la cabina del conducente appollaiata sul cofano del motore dotato delle aste di presa filoviarie. E’ equipaggiato con un motore diesel Alfa F6-M317 da 125 CV stabilmente acoppiato ad una dinamo CGE CT 1256 che può alimentare, alla tensione massima di 275 V, due motori di trazione CGE CV1154-C da 60 CV.
La prima "vettura tipo Roma", numerata 7001, partì da Milano per raggiungere la Capitale con i propri mezzi, affrontando anche una bufera di neve a Villa Col de’ Canali, un paese sulla via Flaminia (siamo a dicembre del 1937).
A dispetto dell'eccezionale prova mostrata durante il viaggio di trasferimento, l’esercizio del nuovo mezzo si rivelò subito tutt’altro che semplice: una serie di inconvenienti che riguardavano organi elettrici e meccanici lo costrinserò a ripetuti fermi.
Alla 7001 faranno seguito altre cinque macchine.
La loro carrierà durò oltre un decennio, durante il quale vennero utilizzati per lo più come filobus ordinari.


Due immagini dell'Autofilobus 7001 nella neve a Villa Col de' Canali



Storia del modello in scala dell'Autofilobus


Se c’è voluto il genio italico per realizzare l’Autofilobus in scala 1/1, si può affermare la stessa storia per il modello in scala 1/87.
Questa volta però la "vettura tipo Roma" ha effettuato il percorso inverso, ovvero da Roma a Milano, imballata in un pacco postale. L’artista che ha avuto il merito di realizzarla è il sig. Mario Trincheri, grande appassionato di tram e modellista esemplare.
Sono stati proprio i tram all’origine del simpaticissimo e proficuo rapporto con il sig. Trincheri, in quanto, dopo lunghissimi anni di infruttuosa ricerca dei modelli dei veicoli prodotti dalle Officine ex-Tabanelli di Roma nel periodo 1918-1925, quando esse erano di proprietà di Nicola Romeo, ho finalmente trovato nel 2008 chi modellava in scala queste vetture. Dai tram siamo passati agli autobus e dagli autobus ai filobus.
Nel frattempo il sig. Mario mi segnalò il libro "Tram e filobus a Roma" e, ovviamente, mi precipitai ad acquistarlo. E’ una lettura piacevolissima che racconta la storia del trasporto motorizzato nella Capitale. Proprio su quel testo ho trovato la storia dell’autofilobus che ho raccontato nella prima parte.
La peculiaritĂ  del mezzo e la sua insolita forma, con la cabina sopra al "musone", chiedevano a gran voce la presenza in collezione e quindi chiesi al sig. Mario se poteva realizzare il modello.
La cosa non era banale, in quanto bisognava trasformare in modo significativo la base di un autobus 85 degli anni '30.
Va infatti detto che, pur se i documenti ufficiali parlano della sigla 110-ANF, è molto probabile che l’autobus dal quale è partita l’Alfa Romeo per realizzare la nuova macchina fosse un autobus tipo 85.
Durante il percorso di elaborazione, il sig. Trincheri mi mandava fotografie che testimoniavano i progressi e, dopo un paio di mesi, arrivò l'opera completa.
Era una bella giornata di aprile 2009 e, mentre aprivo il pacco, ero un po' preoccupato del risultato finale. Le preoccupazioni svanirono quando il modello uscì dalla scatola, ben ancorato alla basetta in legno con l’etichetta descrittiva: era il 7001, non si poteva sbagliare!
La collezione non aveva solo un modello in piĂą, ma un nuovo tipo di mezzo di trasporto, ovviamente frutto del genio italico e del genio Alfa Romeo.







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