Marco Rigoni racconta...
Il biplano Santoni/Franchini



1910 - Nino Franchini, capo collaudatore della ditta ALFA, ripreso ai comandi del biplano.
In evidenza la sistemazione del motore 24 HP di fronte al posto di pilotaggio, il serbatoio dell'olio soprastante,
e, dietro l'elica di sinistra, il sistema di deflettori ad ottagono.
[Immagini: Centro di documentazione storica Alfa Romeo, via Ing. Paolo Stanchina]



Novembre 1909, Milano. L’A.L.F.A. non è ancora nata ma un gruppo di dirigenti, tecnici ed operai sono al lavoro per dare forma ad un'azienda che intende costruire automobili. Operano all’interno della fabbrica nominalmente sede della Darraq Italiana, azienda francese che assembla e commercializza alcuni modelli di vetture di piccola cilindrata poco confacenti ai gusti dei clienti lombardi.
Il Cav. Ugo Stella è il promotore dell’iniziativa, il Geom. Giuseppe Merosi è il progettista di motori e telai, Antonio Santoni è il capo ufficio disegni e Nino Franchini il capo collaudatore.

Santoni e Franchini sanno di essere tra i “leader” di un gruppo di lavoratori che hanno accettato una grande sfida: affermarsi nel mercato nascente dell’automobile! Sono entrambi impegnati per gran parte del giorno e, spesso, della notte: ci mettono la mente, le braccia ed il cuore per vincere questa sfida. Rimane solo un rivolo inutilizzato di “passione” ed ecco che il destino gli apre uno spiraglio: VOLARE!
Il 1909 è l’anno del battesimo del volo in Italia (nella foto a destra piazza d'Armi a Milano gremita di un folto pubblico che assiste alle manifestazioni aeree).
L’anno precedente il francese Delagrange aveva dimostrato a Roma che l’uomo poteva staccarsi da terra, anche se di pochi centimetri, ed ora nascono le prime iniziative nostrane. Ancora a Roma, il 15 aprile, Wilbur Wright compì un volo di 10 minuti ad un altezza di 30 metri. All’inizio dell’anno Aristide Faccioli costruì il primo aereo a motore italiano, un triplano che, sfasciatosi dopo il primo volo, venne trasformato in biplano per volare di nuovo in giugno. Un atterraggio disastroso però lo mandò in pezzi. In settembre prende luogo a Brescia la prima manifestazione aerea italiana che vede la partecipazione di sette piloti italiani, cinque francesi ed un americano.
Santoni e Franchini erano soliti incontrarsi ogni domenica, l’unico giorno libero della settimana, in una trattoria non lontana dallo stabilimento Darraq al Portello, in compagnia delle rispettive mogli. Si partiva in bicicletta, dopo la Messa. A tavola si parlava di famiglia, di politica, di teatro, insomma di tutto tranne che di lavoro. Si parlava anche di come stava cambiando il mondo, con quelle avventure che staccavano l’uomo dalla terra.
E una domenica d’autunno, soleggiata, con un cielo azzurro ed un a leggera brezza, le parole si trasformarono in eccitazione e l’eccitazione si trasformò in progetto: Santoni e Franchini volevano volare!

Dormirono poco, quella notte. Lunedì mattina, in fabbrica, verificarono che il progetto non fosse effetto del vino del giorno precedente.
Si presero qualche minuto per abbozzare i requisiti minimi del progetto: avevano assoluto bisogno dell’appoggio dell’Azienda, altrimenti avrebbero cancellato tutto.
Dopo qualche giorno di preparazione, chiesero di incontrarsi con il Cavalier Ugo Stella. Gli presentarono il progetto e, con stupore, ottennero l’approvazione per la costruzione del velivolo e per l’utilizzo di uno dei primi esemplari del motore progettato da Merosi.
Quando completarono l’opera, a metà 1910, il loro velivolo risultò essere il 26° aereo interamente realizzato in Italia.

La macchina era un biplano monorotore del tipo “canard” con cellula biplana, superfici aerodinamiche orizzontali, monoplana anteriore e biplana “a esagono” in coda, con piano verticale; collocato davanti al pilota sull’ala inferiore vi era il motore, che trascinava per mezzo di una trasmissione ad alberi ed ingranaggi una coppia di eliche controrotanti disposte simmetricamente tra l’ala inferiore e quella superiore ed immediatamente dietro al bordo di uscita. Il carrello anteriore era costituito da quattro ruote a raggi con diametro diverso tra anteriori e posteriori.
Ciò che rendeva assolutamente originale il velivolo era il sistema di manovra e controllo attorno all’asse del rollio: a differenza del classico svergolamento antisimmetrico delle estremità alari, nel biplano Santoni-Franchini appaiono due serie di deflettori, disposti ad ottagono attorno alla circonferenza descritta da ogni elica e di fronte ad essa. Nella foto a sinistra si notano molto bene gli ottagoni deflettori (cosidette ventole) e l'ala inferiore con le estremità a forte diedro positivo. I deflettori venivano comandati da una apposita barra che chiudendosi di fronte ad una delle due eliche, causava la riduzione della portanza sulle semiali interessate, causandone l’abbassamento. Inoltre tale sistema, accompagnandosi all’uso del timone di direzione, favoriva la manovra di virata facendo inclinare e arretrare la semiala dove veniva esercitato il comando.
L’ossatura dell’aereo era completamente in legno: frassino per i longheroni delle ali e i montanti della cellula centrale, pioppo per tutto il resto. Uniche eccezioni erano alcuni montanti del carrello e quelli del supporto dei cuscinetti reggispinta delle eliche, realizzati in tubo d’acciaio.
Il motopropulsore era un motore di 36 HP a 1680 giri, il terzo degli esemplari realizzati per equipaggiare le vetture 24 HP, opportunamente modificato e dotato di un compressore ideato dallo stesso Santoni.
Il 17 settembre 1910, guidato da Nino Franchini, il biplano compie il suo primo volo in Piazza d’Armi Nuova a Baggio (a Milano). Franchini era fuori di sé per il successo ottenuto, ma anche Santoni non stava più nella pelle.
Il 17 novembre effettua un volo di circa 20 minuti di fronte ad alcune personalitĂ  e la Domenica del Corriere gli dedica un articolo con relative fotografie.
L’aereo fu utilizzato, in seguito, come "scuola guida" per i primi piloti italiani a Taliedo: un utilizzo glorioso, per crescere le nuove generazioni.
Ma vi è un altro importantissimo risultato, visibile solo dopo molti anni e mimetizzato in altri eventi: il DNA dell’ALFA si è arricchito di un’altra valenza, quella del volo!
La storia dell’Azienda dimostrerà che tale valenza fu talmente robusta da influenzare i suoi prodotti per 90 anni.
L’ultimo oggetto che porta tracce del Marchio Alfa Romeo ha volato nel 2000 e ancora oggi serve le Marine Militari di molti paesi della NATO.


Storia del modello del Biplano Santoni/Franchini


Qualche mese dopo aver aperto il capitolo Aviazione nella collezione, fui colpito da un paio di foto del biplano Santoni/Franchini che avevo visto nel libro "Le Alfa di Merosi". Già trovavo grossi problemi a reperire kit per aerei molto più conosciuti e mi resi perciò conto che non avrei trovato alcun materiale utile a realizzare questo modello.
L’alternativa, come già avevo sperimentato nel campo automobilistico, era di trovare qualcosa che ci somigliasse da cui partire con una elaborazione.
Questa soluzione ha bisogno di un prerequisito: conoscere le misure fondamentali dell’oggetto che si vuole riprodurre.
Cercai su molti libri di aeronautica le misure del biplano, ma erano introvabili. Ricorsi allora alla tecnica della ricostruzione sulla base delle due fotografie del libro. Questa tecnica, per un oggetto fotografato in cielo, si basa sulle dimensioni dell’essere umano alla guida dell’aereo. Da lì, tenendo conto delle deformazioni dovute alla prospettiva, si ricava tutto il resto. Il margine di errore è dal 10 al 20%, quindi non indifferente, ma è l’unica via percorribile.
Dopo aver calcolato le misure di larghezza (12 metri), lunghezza (12,5 metri), altezza (3 metri), disegnai lo schema del biplano secondo le tre classiche viste ortogonali. Avevo riprogettato il Santoni Franchini nei minimi dettagli, con tutti i tubi ed i tiranti della struttura, le ruote del carrello, il motore 24 HP, la struttura delle ali, le eliche.
Ho ancora nella memoria del computer il file con il progetto completo.



Ho autocostruito in scala 1/43 l’impianto alare per vedere cosa veniva fuori, in modo da poter utilizzare il modello del motore ricavato da un modellino di auto. E poi me lo sono tenuto lì per mesi sulla scrivania non sapendo come proseguire.
Due anni dopo mi trovavo a Toronto, in Canada, per una riunione di lavoro della durata di alcuni giorni. Durante il weekend entrai in un grande emporio di giocattoli, dove vi erano anche scatole di montaggio. Fui attirato da una scatola della Monogram del biplano Wright, il primo velivolo al mondo. Era un kit introvabile in Italia ed essendo di un biplano, aveva qualche lontana parentela con il mio Santoni Franchini.
Ovviamente la acquistai e non vedevo l’ora di tornare per tentare l’avventura della trasformazione.
Ci lavorai su per settimane ma fu come tentare di trasformare un’ape in un elicottero: certo, entrambi volano e fanno un certo rumore ma proprio non ci azzeccano!
Passò un altro anno ed ecco il colpo fortunato. Ero a Novegro, mostra del modellismo, stand di modellisti milanesi. Vidi alcuni bellissimi modelli di aerei, anni 10/20, autocostruiti, chiesi l’autore ed incontrai Paolo Tosetti.
La settimana successiva portai foto e disegni e partì la realizzazione, ovviamente da zero.
Dopo due settimane il prode sig. Tosetti mi telefona dicendomi: “Non vola”. Risposi: “Ci credo, è un modello statico” e lui “No, no, l’aereo vero non avrebbe potuto volare perché le ali sono troppo larghe e pesanti”. In altri termini, le misure del mio progetto erano sbagliate. In un incontro specifico, decidemmo le varianti e finalmente, proprio in occasione del Natale il biplano Santoni-Franchini era pronto. Non lo misi sotto l’albero ma, opportunamente protetto, sulla tavola natalizia.
Non so quante foto gli ho fatto, ma è certamente uno dei pezzi più prestigiosi della mia collezione, almeno per me.

Tutto finito?

Assolutamente no!
Ho scoperto un anno fa altre foto del biplano e mi sono accorto che le derive di coda non erano a forma pentagonale, bensì esagonale. Ricordo di averne discusso con il modellista, ma a quel tempo le foto sembravano indicare che il pentagono fosse la forma giusta.
Ora veniva fuori il dilemma: mantenere inalterato un modello creato da un artista o modificarlo per rappresentare più correttamente l’originale?
Opzione 2: vado dal mio modellista piĂą esperto e gli sottopongo il problema. Bisogna staccare la coda e rifarla e quindi bisogna conoscere il materiale ed il codice colore utilizzato.
Ma nel frattempo avevo perso i riferimenti del Sig. Tosetti.
Ricerca su internet, giro di telefonate, nuovo numero di cellulare.
Lo chiamo, gli dico che si è rotta la coda e gli chiedo come aggiustarla. Mi suggerisce : “La aggiusti come si faceva sugli aerei veri dell’epoca, ci metta una pezza di stoffa e simuli le cuciture”
Gli ho risposto: ”Mi sembra un’idea grandiosa, cercherò di farlo”.
Trovammo materiale e colore adatti ed ora il biplano Santoni Franchini è una copia fedele di quello del 1910!






Galleria fotografica
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