Marco Rigoni racconta...
l'Autoblindata leggera 1927







Origini delle autoblindate


L’idea di utilizzare in combattimento autoveicoli armati e blindati nacque in Francia nel 1906 e venne praticata dagli stessi Francesi in Marocco l’anno successivo con una vettura Panhard 24 hp armata di una mitragliatrice Hotchkiss da 8 mm.
Nasce così l’era della “meccanizzazione” degli eserciti, ovvero l’utilizzo in combattimento di carri armati, autoblindati, artiglierie semoventi, ma anche, semplicemente, autocarri, autovetture e motociclette con armi a bordo in grado di compiere azioni senza abbandonare il mezzo.
Non era certamente l’”idea” ad essere nuova: i “carri falcati” del IV secolo a.C., le macchine da guerra del 1500, i progetti di Leonardo, le fortezze mobili a vapore ottocentesche, già avevano tracciato il percorso che, solo con l’avvento del motore a scoppio, si tradusse in un cambiamento epocale del modo di fare le guerre.
Nei primi anni del ventesimo secolo, l’idea della meccanizzazione trovò in Italia fieri oppositori e si dovette attendere la guerra di Libia (1911/1912) per effettuare i primi esperimenti di automitragliatrice corazzata su un telaio di autocarro Fiat 15/20 hp.
Sempre nel 1912 Isotta Fraschini e Bianchi iniziarono la progettazione di automitragliatrici che divennero operative nel 1913.
Durante la prima guerra mondiale, alle automitragliatrici, si aggiunsero i carri d’assalto, o carri armati, e gli autocannoni.


Alfa Romeo e Forze Armate


Dando per scontato l’utilizzo a fini militari di motori avio ed automezzi commerciali (autocarri ed autobus) durante i vari periodi bellici (prima e seconda Guerra Mondiale, campagna d’Africa, Guerra di Spagna), l’attività dell’Alfa Romeo in campo militare si limita al periodo 1915-18 e a quattro iniziative tra il 1918 ed il 1938, peraltro di scarso successo.
L’inizio della prima Guerra Mondiale ed il susseguente bisogno di materiale bellico, sancisce la nascita della Alfa Romeo che oggi conosciamo. L’ALFA, nata nel 1910, sarebbe infatti fallita se non fosse stata rilevata da Nicola Romeo nel 1915 per utilizzarne le officine, tecnologicamente avanzate, per la produzione di proiettili da 149 e 75 mm per l’Artiglieria Italiana. Nicola Romeo si aggiudicò infatti una commessa governativa molto ricca (per un valore di circa 100 milioni di Euro ai giorni nostri), che prevedeva una produzione di 10000 proiettili al giorno. Da quel momento la produzione di autovetture cessò totalmente e l’attività operativa fu dedicata, oltre ai proiettili, ai lanciafiamme, ai compressori per la costruzione delle trincee e, più tardi, alla costruzione di motori avio su licenza Isotta Fraschini.
La fine del conflitto vide un ritorno alle origini automobilistiche e quindi un allontanamento pressoché totale dalle produzioni militari.
I quattro soli esempi di applicazioni militari successive, furono derivate dalla natura prettamente automobilistica dell’Azienda.
La prima iniziativa era relativa ad una commessa per la fornitura di 350 gruppi cambio-differenziale del carro armato leggero Fiat 3000 subito dopo la fine della prima guerra mondiale. Il secondo progetto consisteva invece in una fornitura all’Esercito di una Trattrice/Autoblinda leggera basata su telaio/motore della vettura RM datato 1925/27 che non ebbe però alcun seguito produttivo.





Il terzo, assolutamente poco conosciuto, riguarda la fornitura di un numero limitato (circa 10) di motori 6c 2300 da 75 CV per l’equipaggiamento dei carri armati leggeri CV 33 nel 1934. L’ultima iniziativa riguardava una trattrice per artiglieria a quattro ruote motrici proposta nel 1938 all’Esercito, costruita in pochi esemplari prototipali senza però seguito a causa della concorrente Fiat alla quale venne assegnata poi la commessa di produzione.
Possiamo perciò concludere che l’Alfa Romeo, diversamente da molte delle aziende concorrenti, non ha mai dimostrato uno specifico interesse nel settore militare, che, peraltro, era particolarmente remunerativo.
Questo fatto è ancora più strano se si tiene conto che, da fine anni ’20, l’Alfa era una azienda di Stato, presumibilmente in posizione favorevole per aggiudicarsi contratti di natura militare.
Va però ricordato che il regime politico di quel periodo aveva assegnato all’Alfa Romeo tre obiettivi specifici: la costruzione di motori d’aviazione, la produzione di mezzi pesanti (autocarri ed autobus)…..e il predominio nelle competizioni automobilistiche per dimostrare al mondo l’insuperabilità della tecnologia e dell’abilità italiane.
E così fece.

L’autoblindata Alfa Romeo


Il “Notiziario Automobilistico” del 1° Luglio 1926 riporta:

“ Sin dai primi mesi del 1925 furono commessi alla Ditta ing. NICOLA ROMEO di Milano tre autoveicoli blindati tipo CORNI di cui uno per conto dell’Amministrazione Militare e gli altri due per conto dei Governi della Tripolitania e della Cirenaica.
L’esemplare per l’ Amministrazione Militare doveva essere presentato nel primo trimestre del corrente anno, se non che la Ditta ROMEO fece presente di dover modificare radicalmente il primo tipo progettato per ottenere che l’Autoblinda risponda alle richieste dell’Amministrazione Militare. Sono ora in corso gli accordi per addivenire alla stipulazione del nuovo contratto, dopo aver esaminato le modifiche proposte dalla Ditta costruttrice.”


Il “Notiziario Automobilistico” 1° Luglio 1928 :

“ La Ditta ALFA ROMEO ha in studio per conto dell’Amministrazione Militare un’autoblinda di nuovo tipo, il cui chassis è provvisto di 6 ruote, quattro delle quali sono motrici.
La blindatura è costituita da lamiere speciali sagomate. L’armamento è composto di una mitragliatrice pesante e due leggere.”


Il “Notiziario Automobilistico” 1° Gennaio 1929 :

“ La Ditta ALFA ROMEO ha definitivamente rinunciato a presentare l’Autoblinda tipo CORNI a ruote e cingoli, poiché nel corso della costruzione essa ha incontrato difficoltà che avrebbero potuto essere superate esclusivamente mediante lunghe e costose esperienze che non era in grado di fare, essenzialmente per ragioni economiche.”




La vicenda aveva avuto inizio quando il Dott. Guido Corni – allora membro del Consiglio di Amministrazione della Società Ing. Nicola Romeo & C. nonché responsabile presso il Ministero della Guerra e amico di Enzo Ferrari – nel 1925 propose all’Ing. Nicola Romeo di intraprendere un’attività particolare (oltre alle auto, a quella dei sondaggi minerari e delle forniture di compressori d’aria), e cioè quella relativa ai carri armati per l’Esercito, allora considerata altrettanto redditizia.
L’ing. Romeo gli dette ascolto e incaricò il progettista Geom. Merosi di studiare un autocingolo con motore da due litri.
Il progetto consisteva in una notevole evoluzione del Citroen Kegresse francese, che presentava il vantaggio di elevate velocitĂ  su strade normali grazie al cingolo gommato.
Una volta costruito, esso venne portato a Roma, dove il 5 novembre 1925 nei pressi della Caserma di Cavalleria di Tor di Quinto si procedette ad una dimostrazione alla presenza del Capo del Governo Benito Mussolini, del Generale Gonzaga, del Comandante Pagano di Melito, del GrandUff. Nicola Romeo e di altre personalitĂ .





Il veicolo, ai comandi del quale era il capo collaudatore Marinoni, avrebbe dato ottima prova. Secondo alcune fonti, tuttavia, la velocitĂ  prevista non fu raggiunta e questo avrebbe indotto ad alcune ulteriori modifiche.
Tale macchina, denominata “Trattore-autocingolo a scopo militare”, era a doppia guida e poteva essere dotata di diverse carrozzerie: anzitutto quella di trattore destinato al traino dei cannoni da campagna 75, come autovettura da ricognizione e come autoblindomitragliatrice, con corazzatura arrotondata, tagliafili e telaio modificato (treno cingolato più lungo e posti guida più distanziati e indipendenti).





L’autoveicolo poteva essere munito di ruote pneumatiche montate lateralmente alla cingolatura, in modo da consentire rapidi spostamenti su strada e risparmiare, nel contempo, la cingolatura che appariva assai delicata.
La velocitĂ  di progetto del trattore originario variava tra 4 e 40 km/h.
Le caratteristiche dimensionali erano: interasse 2,840 m, Carreggiata 1,420 m sui cingoli e 1,400 m sulle ruote, lunghezza massima 4,350 m, larghezza 1,800 m, altezza (sulla copertura) 2,250 m.
Il motore era un RM a 4 cilindri, 75x110 a valvole in testa e sviluppava 40 HP a 3000 giri/min.
L’autocingolo riscosse favorevoli commenti, ma non ebbe seguito poiché il suo sostenitore, il Dott. Corni, nel frattempo era stato nominato Governatore della Tripolitania. Altri studi sui veicoli militari vennero portati avanti dal Geom. Merosi, affiancato dal progettista olandese Holle.
Nel 1927 fu messo a punto il progetto dell’autoblindata leggera a doppia guida con treno posteriore abbassabile per il terreno sabbioso, oggetto della presente storiella.
Struttura meccanica e motore invariati, armamento di 4 mitragliatrici leggere, fu costruita in soli tre esemplari ma, pur non avendo avuto seguito produttivo, merita senz’altro uno spazio particolare nella eclettica ed affascinante storia dell’Alfa Romeo.


Il modello dell’autoblinda


Se in qualche caso è difficile trovare i modelli in scala delle autovetture Alfa e bisogna ricorrere all’autocostruzione, quest’ultima soluzione è l’unica alternativa percorribile quando si tratta di mezzi militari.
Così è stato per il trattore-autocingolo e per l’autoblinda, oltre che per i cannoni, il lanciafiamme, il compressore ed il carro d’assalto.
Il trattore ha richiesto un paio d’anni tra il momento della decisione di fare il modello e la sua apparizione in collezione, ma l’autoblinda ne ha richiesti ben otto (8) !





Come ormai sapete, si parte dai disegni nelle classiche tre viste, che risalgono a fine 2002, per poi intraprendere la ricerca del modellista che, oltre alle capacità realizzative, dimostra l’interesse e la motivazione a cimentarsi con la costruzione dell’oggetto.
Quest’ultima caratteristica, la motivazione, è fondamentale in quanto ogni modellista di professione sa che non verrà mai ripagato in soldoni per quanto ha speso in termini di tempo e materiali per la realizzazione di un modellino di 15 centimetri di questa natura.
Sette degli otto anni di cui ho parlato, sono appunto serviti a trovare il modellista.
Senza timore di esagerare, ho provato a ingaggiare non meno di quindici personaggi, per lo piĂą italiani, ma anche due europei ed un giapponese, esperti di modelli militari e non.
Mi presentavo sempre con i disegni, le foto, tutte le tabelle delle caratteristiche tecniche e senza porre vincoli di tempo.
Molti mi rispondevano subito ed alcuni dopo qualche settimana, ma il risultato non cambiava: era sempre NO.
Mi ero quasi convinto a desistere dall’impresa e avevo rimesso tutta la documentazione nel raccoglitore dei “modelli non realizzabili” ormai da un anno, quando avvenne un fatto strano.
Il più giovane della ventina di personaggi che mi preparano i modelli, ha percorso con me una specie di evoluzione. Partimmo con il montaggio di aerei in kit, poi provò ad elaborare ancora aerei, quindi passammo ai mezzi militari, all’autocostruzione di un idroscivolante (parente stretto di un aereo, anche se va sull’acqua), di uno stupendo sommergibile, di un missile e infine all’autocostruzione di auto, tutto ciò di natura Alfa Romeo.
In questo percorso è nata la passione per il marchio della “Croce e Biscione” !
Forte dei successi ottenuti nelle precedenti esperienze e solido nella passione per il Marchio, Paolo, così si chiama, si è detto pronto a tentare la costruzione dell’autoblinda.
Dopo un mese dalla partenza, mi arrivano le prime foto del modello….una roba che somigliava più ad un panino della McDonald che ad un’autoblinda.





Misure e proporzioni erano comunque fedeli in quanto Paolo ha utilizzato i miei disegni in scala 1/35 per “sagomare” telaio e carrozzeria.
Nelle settimane successive il “panino” viene affinato: appaiono porte, botole e predellini, si aggiungono le ruote, i meccanismi posteriori antiribaltamento, i tagliafili e le mitragliatrici.
L’oggetto somiglia sempre più all’autoblinda RM !





Si giunge quindi al capitolo “colore” che ha richiesto uno sforzo congiunto di ricerca per individuare la corretta tinta e tonalità usate dal Regio Esercito nel 1927 per gli autoveicoli da combattimento destinati alle Colonie.
La verniciatura deve anche prevedere un leggero “invecchiamento” per rendere più realistico il mezzo.
Infine la base, che non presenta particolari difficoltà, e gli “omini”.
La presenza degli “omini” è fondamentale perché da la corretta percezione delle dimensioni del veicolo reale a chi osserva il modello.
Se per le automobili ed i camion la presenza degli “omini” non ha grande importanza, poiché tutti hanno nella mente le dimensioni reali di tali veicoli, per gli aerei e, ancor di più, i mezzi militari, i modelli senza “omini” possono dar luogo a interpretazioni largamente sovra o sotto dimensionate rispetto alla realtà.
Gli “omini” creano però un problema non indifferente, in quanto, essendo militari, richiedono una divisa corrispondente a quella dell’epoca di riferimento.
E anche qui è necessaria una pesante elaborazione di figurini in commercio, basata sulla documentazione adeguata.
Altri disegni, altre foto ….ed anche il pilota dell’autoblinda ed un Comandante di Compagnia sono pronti.
Ed ecco infine alcune foto del modello finito.





Ma la foto falsa sempre i colori e, in alcuni casi, l’immagine.
La visione diretta è quindi sempre una “scoperta” !
Solo lì si vede se chi ha fatto il modello è semplicemente un modellista o un artista.
La differenza è che quest’ultimo sa catturare non solo le forme dell’oggetto reale, ma il suo spirito, il suo “carattere”, come accade per la scultura di un grande artista.
L’autoblinda RM è terminata il primo giorno di primavera 2011 ed ha portato nella collezione Alfa Romeo un nuovo raggio di sole splendente !
Grazie Paolo…e complimenti.




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