Marco Rigoni racconta...
Locomotiva N 8701


La locomotiva N 8701 nell'unica immagine esistente




Con questo nuovo racconto apriamo un nuovo capitolo della straordinaria storia dell’Alfa Romeo: il trasporto su rotaia.
Lo apriamo con un prodotto assolutamente innovativo per la prima metà degli anni ’20, ovvero con un'automotrice che precorre di ben 10 anni le famose “littorine†e, più in generale, tutte le locomotive provviste di motore endotermico quali le diesel. Anche in questo importantissimo settore del trasporto, Alfa Romeo dimostra la sua natura di Azienda poliedrica, anticonvenzionale, sovranazionale, tecnologica.
Ma sempre qui riappare la mancanza di continuità tipica di quelle strutture socio-economiche orientate alla ricerca delle nuove soluzioni più che ai risultati finanziari. Un DNA che rimane pressoché invariato nei 100 anni di vita dell’Alfa e che provoca discontinuità, problemi enormi di carattere finanziario, passaggi di proprietà ma che, d’altro canto, scatena passione, fedeltà, entusiasmo fino a farla diventare “mitoâ€.


Le Ferrovie in Italia

Le ferrovie in Italia nacquero nel Regno delle Due Sicilie, prima ancora dell'unificazione dei singoli stati di cui era composta la penisola. Erano passati appena nove anni dall'inaugurazione in Inghilterra della Manchester-Liverpool, e in tutta l'Europa si erano accesi entusiasmi e progetti per l'utilizzo di quello che da subito si era rivelato essere un formidabile mezzo di trasporto, al servizio sia delle persone che dell'industria e del commercio.
In Italia il primo tronco ferroviario, costruito a doppio binario da Napoli a Granatello di Portici (km 7,640), venne inaugurato il 3 ottobre 1839 dal re Ferdinando II di Borbone. Gli ostacoli che ritardarono in Italia il progresso del settore ferroviario sono ascrivibili in parte alle condizioni orografiche e in parte a quelle politiche ed economiche; lo sviluppo delle linee ferroviarie nei singoli Stati fu diverso perché diverse erano motivazioni ed esigenze e ciascuno lo realizzò con sistemi e mezzi differenti.
Alla costituzione del Regno d'Italia, nel 1861, lo sviluppo complessivo della rete ferroviaria era di km 2035; di questa soltanto il 18% era di proprietà dello Stato ed il 25% in sua gestione diretta. L'insieme delle linee non costituiva una rete organica; vi erano linee di proprietà ed esercizio statale, linee di proprietà ed esercizio privato, e di proprietà privata, ma con esercizio affidato allo Stato.
Il riscatto delle Reti delle Società private avvenne il 1 luglio del 1905. Lo Stato assunse la gestione diretta di 10.557 km di linee (di cui 9.868 già di sua proprietà), denominando il nuovo Ente "Ferrovie dello Stato". L'anno dopo, con la confluenza della rete SFM l'estensione della Rete di Stato raggiunse i 13.075 km, di cui 1.917 a doppio binario. L'organizzazione della nuova Rete si presentò molto gravosa. Le condizioni degli impianti fissi e del materiale rotabile ereditati dalle cessate Società erano pessime; si rendeva necessario coordinare i regolamenti di esercizio ed unificarli, elaborare il nuovo inquadramento funzionale e disciplinare per il personale che proveniva da Società differenti e con differenti regolamenti.
Il problema più urgente era quello del materiale di trazione e rimorchiato. All'atto della creazione delle F.S., il parco locomotive a vapore era costituito da 2.664 unità, 738 delle quali con più di 30 anni di vita; le carrozze — a 2 o 3 assi — erano 6.985, anch'esse vecchie di più di 30 anni; i carri merci ammontavano a 52.778, un quinto dei quali con 40 o più anni di vita. Il primo provvedimento preso per fronteggiare la situazione fu, fra il 1905 ed il 1906, l'ordinativo per la costruzione di 567 locomotive, di 1.244 carrozze e 20.623 carri. Per tamponare l'emergenza vennero acquisite 50 locomotive a vapore inglesi usate di concezione antiquata ma robuste ed affidabili che costituirono poi il gruppo "380 FS". Vennero incoraggiati gli studi sull'elettrificazione, già esistente sulle linee varesine e su quelle Valtellinesi. Progressi venivano fatti tanto nel settore delle locomotive a vapore, gradualmente destinato a cedere il posto alla trazione elettrica, che del materiale rimorchiato; in particolare, la comparsa dei mezzi leggeri — automotrici termiche ed elettriche (1933) che dava un nuovo apporto all'ammodernamento dei mezzi di trazione, e quello del materiale viaggiatori, con l'adozione delle carrozze a cassa metallica e l'estensione dei carrelli.
Un'altra caratteristica notevole del sistema italiano è stato il precoce passaggio dalla trazione a vapore alla trazione elettrica e il relativamente rapido sviluppo di quest'ultima, fortemente incentivata dalla situazione economica e territoriale e, non ultimo, dalla politica autarchica imposta dal regime fascista.

Sotto la guida tecnica dell'ingegner Giuseppe Bianchi e la direzione gestionale del Commissario Straordinario Edoardo Torre, nominato nel 1923 per l'esercizio provvisorio, dopo lo scioglimento del Consiglio di Amministrazione alla fine del 1922, venne sviluppata la prima generazione di locomotive elettriche, subito seguita dalle prime automotrici termiche e dalle elettromotrici rapide che ebbero grande successo e contribuirono a posizionare lo stato fascista tra le potenze economiche ed industriali dell'epoca.
Nel 1898 il “Regio Governo†incaricò le due maggiori compagnie ferroviarie dell'epoca, la Rete Mediterranea e la Rete Adriatica, di eseguire studi ed esperimenti per la scelta del sistema più adatto di trazione elettrica. I primi esperimenti furono quelli con automotrici ad accumulatori (1899-1904) sulla Milano-Monza e sulla Bologna-San Felice e quelli a corrente continua a 650 volt sulla linea Milano Varese, della Rete Mediterranea, con alimentazione a terza rotaia, con elettromotrici. Gli esperimenti anche se incoraggianti comportavano però velocità e potenza modeste e autonomia insufficiente per le esigenze del servizio ferroviario, quindi verso il 1902 iniziarono sulle stesse linee gli esperimenti di captazione dell'energia elettrica attraverso la linea aerea in trifase a 3000 V, 15 Hz utilizzando appositi locomotori del tipo RA 34 (poi E.430 delle FS), che sviluppavano la potenza di circa 800 Cv (circa 600 kW). L'ottimo risultato ottenuto sulla linea Valtellinese promosse l'estensione della trazione elettrica anche alle linee di valico a grande traffico.
Dalla captazione da terza rotaia si passò per sicurezza alla captazione a linea aerea che è quella universalmente usata, anche se ad oggi permangono nel mondo diverse realtà con captazione a terza rotaia. L'adozione della linea aerea migliorò la sicurezza allontanando le parti in tensione dalle persone, ed inoltre semplificò parecchio la captazione in corrispondenza degli scambi ed ai passaggi a livello, la linea aerea era però anche causa di incremento della sagoma limite (e quindi delle relative opere d'arte come ponti e gallerie), e di un generalizzato aumento dei costi per pali, sostegno e tensione dei fili, ecc. .
Agli inizi le tensioni usate non erano molto elevate, dell'ordine di 700 volt in corrente continua; in certi casi fu utilizzata anche la corrente alternata monofase. È evidente che in tal modo non potevano ottenersi elevate potenze necessarie per il traino dei treni ma solo sufficienti per tranvie o ferrovie suburbane. Nei primi anni del XX secolo, dopo alcuni esperimenti positivi in Ungheria, in Italia venne esperimentata e si affermò la trazione trifase ad alta tensione (a 3600 volt).
Tra il 1900 e il 1930 la trazione elettrica trifase sembrava essersi affermata definitivamente dato il vasto piano di elettrificazione ad alta tensione sulle linee ferroviarie più importanti del Centro-Nord.


Le prime automotrici con motore endotermico

Nei primissimi anni del ‘900 varie amministrazioni ferroviarie europee iniziarono la sperimentazione di mezzi leggeri ed economici coi quali svolgere il servizio passeggeri su linee secondarie poco frequentate. L’obiettivo era di evitare l’impiego di locomotive a vapore, i cui costi per trainare una o due carrozze non erano giustificati dalla redditività del servizio corrispondente.
In Italia, dopo un veicolo costruito dalla Fiat nel 1906 che circolava all’interno dell’area espositiva dell’Esposizione internazionale di Milano e che aveva in realtà l’assetto di un tram, gli esperimenti presero un ritmo determinato subito dopo la Prima Guerra Mondiale.
Il veicolo che stava prendendo forma, denominato “automotriceâ€, poteva essere considerato un autobus su rotaia. Era costituito da un corpo unico che presentava in sé sia la funzione motrice sia quella di vettore per passeggeri ed era dotato di motore a combustione interna. Il motore degli esemplari iniziali era un ciclo Otto a benzina che si imponeva sul motore Diesel veloce per una serie di caratteristiche quali peso e dimensioni, elasticità, velocità e facilità di manutenzione, rumorosità. Questa soluzione tecnica rimase in vita sino a metà degli anni ’30 quando si impose finalmente il motore Diesel.


Le Officine Meccaniche di Saronno e la CEMSA

Le Off. Mecc. di Saronno sorsero nel 1887 con capitali della ME (Maschinenfabrik Esslingen). Lo scopo era di fornire locomotive e carri al Governo Italiano sfruttando i vantaggi che la politica protezionistica di allora riservava ai prodotti nazionali.
Primo direttore delle officine fu l'ing. Paul Langbein, il geniale inventore dei sottocarrelli a scartamento ridotto per trasporto di carri a scartamento ordinario. Le Off. di Saronno assemblavano materiale rotabile per conto della casa madre ME, e le targhe del costruttore presenti su carri e locomotive non portavano (in un primo tempo) la dicitura delle Off. di Saronno, bensì montavano una targa con dicitura “Maschinenfabrik Esslingen†e numero di costruzione progressivo appartenente alle officine tedesche, salvo poi citare nei libretti di macchina e di caldaia, la doppia numerazione progressiva, quella tedesca e quella italiana.
Lo stabilimento, passato sotto sindacato a causa della guerra, il 31 maggio 1918 viene ceduto dalla casa madre alla Società Anonima Ing. Nicola Romeo & C tramite la mediazione di una banca elvetico-americana di Locarno, al prezzo di otto milioni di marchi da consegnarsi dopo la ratifica degli accordi di pace tra Germania e Italia. L’acquirente, nel 1921, finirà per pagare una somma dal valore decurtato dalla svalutazione.
La Nicola Romeo con questa acquisizione s’impone sul mercato del trasporto ferroviario nazionale. Le Officine Meccaniche di Saronno producevano locomotive a vapore per poi passare ai locomotori trifasi su progetto dell’ingegnere ungherese Kandò, tra i più avanzati del periodo, ma fu anche tra le prime aziende di materiale ferroviario a produrre i locomotori a corrente continua e i primi prototipi di "littorine" con propulsori a benzina.
Nel 1925 l’azienda assume la nuova identità di Costruzioni Elettromeccaniche di Saronno (CEMSA), che nel 1933 entrerà a far parte dell’IRI, per poi essere ceduta nel 1936 al Gruppo industriale di Gianni Caproni.


La N 8701

L'anno 1924 fu un anno cruciale: a Berlino, alla stazione di Seddin si tenne un congresso ferroviario in occasione del quale si organizzò una esposizione di rotabili ferroviari. La delegazione di funzionari delle FS si interessò molto, e volle provarle, a un gruppo di nuove automotrici costruite dalla Deutsche Werke Kiel A.G. (DWK). Si trattava di un rotabile a carrelli che veniva mosso da un motore Mercedes-Benz a 6 cilindri, alimentato a benzolo a ciclo Otto con carburatore; la trasmissione era composta da frizione e cambio meccanico a ingranaggi. Il rotabile era disponibile in varie versioni con motori e scartamento differenti.
In questo scenario ricco di contenuti innovativi e sperimentali, Nicola Romeo si conferma una volta di più pioniere attraverso le Officine Meccaniche di Saronno che sono parte del gruppo industriale di sua proprietà.
Infatti nello stesso 1924 la ditta Romeo di Milano otteneva la licenza di costruzione che venne attuata nello stabilimento CEMSA di Saronno. Sempre nello stesso anno venne emanato un decreto che incentivava l'uso di automotrici a motore endotermico così le FS ne ordinarono quattro unità ma ne chiesero la trasformazione dell'alimentazione a miscela di nafta e benzina con l'applicazione di uno speciale carburatore brevettato, Aliverti. Le unità programmate furono la C.8701, poi N.8701, del tipo 1 da 160 CV e le C.8801-03 (poi N.8801-03) da 100 CV.
La C 8701 fu la prima automotrice nella storia del trasporto ferroviario in Italia. Questa tipo di mezzo, soprannominato “littorina†nel 1932/33 grazie ad un viaggio compiuto su una di esse da Mussolini in visita alla città di Littoria (oggi Latina), è ancora utilizzato ai giorni nostri ed è addirittura probabile un loro sviluppo sulle linee ad alta velocità.

La storia di questa automotrice è tutt’altro che consolidata. Pur riferita al primo mezzo di questa natura entrato in servizio in Italia, non sempre è riportata nelle numerosissime pubblicazioni di argomento ferroviario e, quando viene citata, è sempre brevissima e presenta contenuti discordanti. La documentazione tecnica è praticamente inesistente e, dopo ricerche durate alcuni anni, i documenti fotografici si riducono ad una sola immagine, ovviamente in bianco e nero.
Di seguito riporto i dati tecnici che sono stato in grado di ricuperare:
• Anno di costruzione: 1924
• Numero di unità costruite: 1
• Potenza di taratura: 118 kW
• Costruttore: DWK
• Motore: Benzina+Diesel
• Trasmissione: meccanica a 4 marce
• Velocità massima: 65 Kmh
• Rodiggio: (1A)(A1)
• Diametro ruote motrici: n.d
• Lunghezza totale: n.d.
• Interperno/passo carrelli: n.d.
• Massa in servizio: 23 t
• Massa aderente: 23 t
• Posti a sedere: 70 di 3^ Classe
Note: Automotrice Prototipo, effettuò corse di prova sulla linea Livorno - Collesalvetti. Riclassificata N.8701 nel 1929, trasformata in carrozza Cz 41.002 nel 1941


La storia del modello

Avevo scoperto l’esistenza della N 8701 nel 2002 scorrendo le pagine del volume "Automotrici endotermiche monomotore" di Nico Molino e Vanna Zanini. Quattro anni prima era entrato in collezione il primo modello di locomotiva Alfa e, nel 2002, i modelli erano diventati 6 ma la lista dei “mancanti†era ancora lunga, sia per le locomotive a vapore che per le trifasi. La N 8701, per la sua natura di esemplare unico e non riprodotto in scala, venne praticamente dimenticata pur se sommariamente documentata nel file “Alfa Romeo_Mezzi ferroviariâ€.
Nel 2008, quando ormai i modelli mancanti si ridussero a 4, iniziai le ricerche della N 8701. Iniziare le ricerche per un prodotto del genere significa rivolgersi a modellisti ferroviari chiedendo se avessero in programma la riproduzione o se volessero cimentarsi nella realizzazione di un singolo modello. I modellisti interpellati furono poco meno di venti ma le risposte avute furono unanimi, ovvero negative. Molti di questi, inoltre, apprendevano in quel momento l’esistenza di questo mezzo.
La perseveranza è una delle qualità fondamentali di un collezionista e, nel tempo, dà i suoi frutti inaspettatamente. Il "miracolo" accadde all’inizio del 2009 quando, a Novegro, conobbi il Dott. Paolo Cinotti, ex Direttore di Banca ed appassionato modellista di mezzi ferroviari. Due le sue caratteristiche fondamentali: la prima è che i modelli se li costruisce per la sua collezione; la seconda è che si entusiasma di fronte ad una locomotiva mai riprodotta.
Fu questa seconda caratteristica che lo indusse a cimentarsi nella riproduzione della N 8701. Il modello richiese quasi 13 mesi e quando mi fu consegnato (aprile 2010) non stavo più nella pelle.
Appena a casa, preparai tutto l’occorrente per le riprese fotografiche, predisposi il modello per le foto... ma mi accorsi che i fari anteriori e posteriori non erano forniti dei vetri. Fortunatamente ho ancora molti residui rimasti dalla mia passione modellistica di 40 anni or sono e trovai i vetrini del diametro giusto.
Scattai una ventina di foto e feci sviluppare il rullino. Grande delusione: il modello della N 8701 non somigliava molto all’originale rappresentato nell’unica foto esistente. Era troppo alta e gli mancava qualcosa sotto la carrozza (scoprii successivamente che quel che mancava era la protezione metallica degli organi meccanici).
Non volevo però ritornare dal Dottor Cinotti a dirgli dell’errore e mi convinsi di tenere il modello in quelle condizioni. Fortuna volle che, benché abitasse lontano da Milano, ci trovammo altre volte e diventammo amici. Fu così più facile raccontare il problema e trovarlo in assoluto accordo con me.
Dopo un paio di mesi, la N 8701 è tornata in collezione, questa volta perfetta. Giusto in tempo per essere esposta sotto l’albero di Natale!





Galleria fotografica
(clicca sulle immagini per ingrandirle)


La prima versione del modello


Il modello definitivo













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