Inaugurato il 18 dicembre 1976, il Museo Storico Alfa Romeo è uno dei più importanti musei monomarca del mondo. Le oltre 100 vetture esposte raccontano la storia di un marchio che per anni è stato sinonimo di qualità, potenza ed eleganza.
Il Museo è anche un momento culturale, uno “spaccato†di storia industriale ed economica cui hanno contribuito generazione di tecnici, operai, lavoratori che hanno reso inconfondibile lo stile dell’Alfa Romeo.
In un caratteristico gioco architettonico di piani sfalsati, l’esposizione è divisa in quattro sezioni destinate ai diversi modelli conservati in buono stato e spesso ancora funzionanti, oltre ad una importante collezione di modellini e alla raccolta di numerosi trofei.
Per l’esposizione delle vetture fu scelto l’ordine cronologico non solo in rispetto alla storia di un marchio così famoso ma per offrire ai visitatori una panoramica completa della produzione fino quasi ai giorni nostri.
Molti sono i ricordi legati a queste vecchie auto. Ricordi di strade polverose che hanno il sapore di Targa Florio e di Mille Miglia; ricordi che vedono al volante piloti entrati nella leggenda come Ascari, Campari, Varzi, Nuvolari, Farina, Fangio.
Al Museo è stata dedicata persino una poesia che ha una storia che voglio raccontarvi.
Nella primavera del 1995 fui contattata telefonicamente in Archivio dalla signora Anna Maria Pradel Rabino di Torino che era arrivata a me dopo numerose telefonate purtroppo a vuoto. Mi chiese di aiutarla a rintracciare la famiglia di un “gentlemen driver†per il quale suo marito, morto da pochi anni, aveva lavorato come meccanico, prima di entrare nelle Ferrovie. Voleva restituire una immagine votiva che il suo Bruno aveva ricevuto dal pilota che l’aveva accompagnata da un toccante scritto con dedica, ritenendo di fare una cosa gradita ai suoi familiari.
Con la mia consueta tenacia, riuscii a trovare l’indirizzo e richiamai la signora per comunicarglielo. Ne fu felicissima e mi chiese il permesso di venire a trovarmi in Archivio quando sarebbe andata a Milano per incontrare gli eredi. Naturalmente le risposi di sì e così arrivò il giorno dell’incontro. Rimasi affascinata da questa donna piccola e forte che scriveva poesie in dialetto torinese e che le illustrava con i suoi dipinti. L’accompagnai nella visita al Museo e fui colpita dal suo interesse e dal suo stupore nel vedere quelle magnifiche vetture. Durante il pranzo mi raccontò un particolare della sua vita privata che risaliva al periodo di fidanzamento con suo marito Bruno Rabino. Il gentleman driver si chiamava Bianchetti (il nome di battesimo mi sfugge) e possedeva una splendida Alfa Romeo 6C 2500 di cui Bruno si occupava specialmente per la preparazione prima delle gare cui Bianchetti partecipava.
Anna Maria non capiva come mai il suo fidanzato non aveva più tempo per lei e tutte le sere le dava buca agli appuntamenti o arrivava sempre più tardi. Un’amica con la quale si era confidata le mise una pulce nell’orecchio: mai sei sicura che non si tratta di un’altra donna?
Le si gelò il sangue e perse il sonno e l’appetito fino a quando non si decise di andare a vedere con i suoi occhi. Una sera, verso le 22, dopo l’ennesimo appuntamento saltato, si fece accompagnare dall’amica nell’officina di Bianchetti decisa ad andare fino in fondo alla cosa. Potete immagine il suo imbarazzo per aver sospettato un tradimento quando vide i due uomini in tuta , sporchi di grasso, con la testa dentro al motore di una splendida vettura...
Due giorni dopo il nostro incontro, La signora Rabino mi chiamò per dirmi che quella visita le aveva ispirato una poesia che mi lesse al telefono. Le chiesi di mandarmela, ma lei rispose che sarebbe venuta a portarmela, sarebbe stata un’occasione per rivederci. E così fu.
Non la vidi più dopo quella volta in cui mi portò la poesia splendidamente incorniciata che credo sia ancora sulla parete dell’Archivio su cui l’avevo messa, ma restammo in contatto telefonico per quasi un anno. Poi seppi da un’amica che l‘aveva accompagnata nel suo secondo viaggio ad Arese, che era stata ricoverata in ospedale per un male incurabile e che le sue condizioni erano gravissime.
Morì da lì a poco ma feci in tempo a mandarle un’ agenda dell’Alfa con dentro una foto di Bianchetti a bordo della sua vettura.
Nonostante non avesse mai posseduto un’ Alfa, anche la vita di Anna Maria è stata indubbiamente influenzata dal mito dell’Alfa Romeo.

Elvira Ruocco

12.12.2006



LE SEMPRE BELLE DEL MUSEO DELL’ALFA ROMEO

Si anima il Museo a notte fonda
che
scendendo dalle stelle
gli antichi Cavalieri
ritornano alle loro “Sempre Belleâ€
bramosi entrambi di sfrecciare ancora
su lunghe strade.
E sfrecciano veloci più del vento
Su strade senza tempo, senza fine,
tra un grande sventolio di ali bianche
di Angeli sportivi
che plaudono festosi.
Sprizzan scintille le ruote fuggenti
sull’argentato asfalto
cuori e motori
uniti nella gioia dell’abbraccio
pulsano forte…
ed è amore
fino al baluginare dell’aurora
Allora
ritornano alle stelle
gli antichi Cavalieri
riposano le loro “Sempre Belleâ€
affascinando
chi viene ad ammirarle.

(Anna Maria Pradel Rabino)


    

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