Addio vecchio Portello

Un altro pezzo di storia dell’auto sta andando in frantumi, seppellito sotto un cumulo di macerie assieme a prototipi, motori sperimentali, macchinari e progetti di ogni tipo. Tutti demoliti, tutti persi per sempre. In esclusiva le immagini del vecchio stabilimento Alfa Romeo scattate prima della demolizione. Per non dimenticare...


Centro stile, officina riparazioni, sala prove e Servizio clienti sono già in briciole. Il resto cadrà nei prossimi mesi, demolito da un gigantesco e spettacolare becco d’acciaio semovente che riduce a pezzettini interi palazzi con una velocità impressionante. Finisce così, miseramente e nell’indifferenza generale di amministratori ed Enti culturali, il Portello, lo storico stabilimento Alfa Romeo, simbolo della grandezza industriale di Milano ed emblema della storia automobilistica italiana. Al suo posto sorgeranno un ipermercato e un paio di grattacieli. Vuole così il progresso... e il business. Termine dei lavori: 4 dicembre 2004.
Il destino del Portello era comunque segnato, sin dal 1986, quando
l’ultimo dipendente aveva lasciato la vecchia sede di via Traiano per trasferirsi nella nuova sede di Arese, abbandonato anche dalla Fiat che aveva ceduto il terreno al Comune di Milano. Era l'epoca della Milano da bere e i politici avevano disegnato un futuro grandioso per quei 18 mila metri quadrati di terreno a ridosso della Fiera di Milano: il Portello avrebbe dovuto lasciare il posto a grattacieli, abitazioni residenziali, centri commerciali, alberghi e un centro congressi da migliaia di posti. Le proteste degli abitanti della zona prima e Mani pulite poi rovineranno i piani per anni. Fino ad oggi. L'unica parentesi di gloria la ebbe nel 1995, quando il Portello servì da set per le riprese del film Nirvana, di Gabriele Salvatores.

Il paragone con Torino tuttavia sorge spontaneo: perché il Lingotto sì e il Portello no? Perché lo storico stabilimento Fiat è stato ristrutturato e rilanciato come fulcro dell’attività culturale cittadina, con alberghi, centro esposizioni, centro congressi e ristoranti di lusso (oltre che come rinnovata sede della Direzione Fiat) mentre il Portello è stato lasciato morire senza averne nemmeno tentato un risanamento? Business is business, certo, ma con i simboli storici come la mettiamo? Troppo tardi comunque per metterla sul patetico: gran parte del Portello non c’è già più e il resto cadrà a giorni. Restano i ricordi, e le immagini di questo servizio, le uniche probabilmente che testimoniano quanto è stato distrutto.

Motorbox è riuscito ad introdursi all’interno del Portello prima che iniziasse la demolizione e quello che presenta in queste foto è un documento per certi aspetti eccezionale (non esiste niente di simile nemmeno negli archivi Alfa Romeo). Nei capannoni era custodito un piccolo tesoro, che avrebbe fatto bella figura in un qualsiasi museo dell’auto: prototipi interi di auto mai costruite, sale prova ancora intatte, con macchinari d’epoca e motori sperimentali ancora montati sui banchi, disegni e campioni di tessuto per gli interni, parti meccaniche in fase di sperimentazione. Tutto abbandonato alla rinfusa come se il personale si fosse dato improvvisamente alla fuga.

La parte che in questo momento è oggetto di "disinfestazione e demolizione" è la più recente del complesso industriale nato nel 1908. Il nome deriva dalla zona in cui era sorto lo stabilimento, a nord della città, sulla strada per Gallarate: il Portello era "La migliore zona di Milano" come evidenziava in una pubblicità dell’epoca l’Isotta Fraschini, un altro famoso marchio che aveva sede poco lontano dall’Alfa. Situata a ridosso del centro, la zona del Portello era strategica per l’industria dell’auto, dislocata tra quartieri residenziali, quartieri operai e grandi vie di comunicazione, ed era stata scelta come sede da altri famosi marchi, tra cui la Citroën (ancora oggi occupa la stessa area) che vi aveva costruito la propria filiale italiana, la Fiat per la sua filiale milanese, la Carrozzeria Touring, la Zagato, la Carrozzeria Sala e altre piccole realtà ormai scomparse. Non è un caso, infatti, se ancora oggi in quest’area che va da Corso Sempione a via Gallarate, abbiano sede le filiali e le concessionarie di quasi tutti i marchi automobilistici presenti in Italia; una concentrazione forse unica al mondo.

Per ricordare meglio, ci siamo fatti accompagnare in questo "viaggio nel tempo" da uno dei protagonisti dell’Alfa Romeo del dopoguerra: l’ingegner Filippo Surace, Pino per gli amici, entrato giovanissimo nel reparto "Sperimentazione motori a benzina" (era il 1956) e poi cresciuto fino a diventare il responsabile tecnico di tutta l’Alfa. I suoi commenti accompagnano le foto e offrono uno spaccato aziendale gustoso e inedito. Comunque prezioso.

Gilberto Milano




Come era prima



Una vista dall'alto dello stabilimento del Portello. La parte di sinistra dello stabilimento è stata demolita negli Anni 80. In primo piano le strutture della filiale milanese, con l'andamento semicircolare della costruzione, che segue la forma della piazza. E' una foto degli Anni 60, con il verde che ancora domina sulla piazza e sulla sinistra del Portello. Sullo sfondo, la zona sud-ovest della città


Il reparto Verniciatura della Giulietta berlina nel 1954.


Il reparto Carrozzeria e Carpenteria dedicato alla messa a punto delle carrozzerie della 6C 2500 Freccia d'Oro nel 1947


La catena di montaggio della 1900 nel 1952. Si noti il sistema di lavorazione a "tapparelle", con le auto trasportate da un carrello su binario.




Come è oggi ... o meglio, quello che ne rimaneva, dopo la Ruspa


"La filiale commerciale di piazzale Accursio. Sulla sinistra, in alto, si può notare un gabbione … Mi ricorda l’ing. Satta, un grande tecnico ma anche una persona molto spiritosa. All'epoca aveva un collega della Produzione con il quale litigava sempre e un giorno mi disse: "ho capito a cosa serve quella cosa lì: è la gogna per mettere dentro Vigo...".


"Una 164. All'epoca erano stati fatti numerosi esperimenti. Per il cofano avevamo pensato a diverse soluzioni prima di scegliere; questa potrebbe essere stata, ma non sono sicuro, la vettura che avevamo preparato all’interno del Centro Stile, in alternativa alla 164 di Pinifarina, che verrà poi scelta per la produzione".


In primo piano un prototipo dell’Alfa Sud, uno dei tanti costruiti prima della 33. Sullo sfondo si nota un altro studio di vettura compatta in cui sono evidenti alcune soluzioni stilistiche che si ritroveranno più tardi sulla 145 del 1994.


Un’altra sala prove relativamente recente. Sul banco c’è un sei cilindri. Si tratta di un vecchissimo 6 cilindri nella versione carburatori. Sarà del ’76. Sembra una vecchia sala prove del reparto Ricerca. Il motore invece rappresenta l’ultimo dramma vissuto in Alfa: mettere insieme 6 carburatori con sei farfalle; si può immaginare quali difficoltà abbia comportato…".


"Una sala prove dove si testavano i cambi. Si può notare il sistema di insonorizzazione, una protezione che ci sognavamo quando ho iniziato io: all’epoca si lavorava in condizioni bestiali. Al massimo ci davano da bere il latte. Quando arrivai c’erano le sale prove del reparto Esperienze Speciali dove provavano il 12 cilindri contrapposto da 500 cv (che finì in niente); altre due sale erano dedicate ai motori diesel, su cui si sperimentava il vecchio 12 litri 6 cilindri del camion Alfa Romeo. Ce n'erano altre quattro dove io ero il re, il padrone, e tutte destinate alla Sperimentazione dei motori a benzina. E’ lì che ho imparato il mestiere, dai vari capi motoristi".


La sala "macchine" dello stabilimento, con il quadro comandi che teneva sotto controllo e distribuiva l'elettricità in tutti i reparti.


"Campioni di parti meccaniche della concorrenza. Abbiamo cominciato a studiarli sistematicamente dal 1976, quando abbiamo introdotto l’analisi della concorrenza. Questa sezione dipendeva dal settore Veicolo, dove si impostavano i nuovi modelli. Il settore Veicolo coordinava il settore Sviluppo e Meccanica, il settore Carrozzeria, Abbigliamento, Ricerca e Stile. L’analisi della concorrenza era fatta molto bene, avevamo molto spazio a disposizione, e c’erano tutti questi pannelli nei quali venivano esposti particolari appartenenti ad altre Case. La concorrenza veniva analizzata in maniera puntuale, dettagliatissima, facevamo un lavoro enorme. Quando avevamo qualche problema si andava su questi pannelli per cercare eventuali soluzioni. Cercavamo di imparare anche dagli altri".




Manometri del reparto Esperienze. Niente di quanto è riportato nelle immagini di questo servizio è stato salvato...


"Questa parte è la più vecchia, quella che dava verso il viale che porta alle autostrade. Qui c’era il dott. Ravasi, che faceva sperimentazioni su ammortizzatori e scocche. L’ing. Garcea era stato il primo a ideare una prova di fatica per le ruote che poi è stata copiata da tutti. Era un test importante, perché se con l’acciaio si possono superare anche 1 o 2 milioni di cicli senza problemi, con le leghe leggere questo non si verifica, hanno una loro vita, sono destinate a rompersi".


"Era la parte della Produzione, con le cosiddette "tapparelle". All’epoca c’erano due scuole di pensiero: le tapparelle e le bilancelle. Queste ultime venivano usate a Pomigliano d’Arco, le tapparelle al nord. Con le bilancelle le vetture venivano appese ad un bilancino che le spostava, invece le tapparelle erano in terra e le auto venivano trasportate su un carrelino. Ognuno dei due sistemi aveva i suoi problemi, tanto è vero che oggi non si usa né uno né l’altro. Oggi si privilegia molto la comodità dell’operatore: se c’è da montare il tubo di scarico, la vettura ruota e l'operaio non si muove. Inoltre l’ambiente è molto illuminato rispetto al passato. Le bilancelle avevano il vantaggio che erano a livello delle mani, mentre le tapparelle avevano il problema opposto".


"Un'officina del reparte Esperienze. In una di queste avvenne un piccolo giallo: sul Corriere della Sera comparve una fotografia della segretissima Alfetta, ripresa sul ponte levatoio del nostro reparto. Ci furono feroci polemiche interne e si pensò che a scattare la foto fosse stato un operaio, di quelli che venivano al lavoro la "schiscetta", il contenitore in alluminio che gli operai utilizzavano per portarsi il pranzo da casa, che consumavano in reparto. Venne poi licenziato. Io però presi una copia del Corriere e feci un’analisi di prospettiva. Arrivai alla conclusione che la fotografia fu scattata dall’esterno del reparto, dalla griglia di una finestra. Mi accorsi che la griglia era stata allargata e lì ricordo di aver fatto un segno con il gesso bianco, che forse c’era ancora. Sono passati 30 anni. L’operaio fu poi reintegrato".


Uno dei tanti reparti del Portello. Secondo quanto afferma Duccio Bigazzi, autore di uno splendido libro dedicato all'Alfa Romeo ("Il Portello" ed. Franco Angeli), "...l'utilizzo di strutture portenti in ferro che permettevano un'ottima flessibilità degli spazi interni, la separazione dei reparti attuata per mezzo di grandi vetrate e il ricorso alla copertura a shed ponevano effettivamente lo stabilimento del Portello in linea con le soluzioni più avanzate dell'epoca".


"Una delle vecchie sale prove della mia giovinezza. Riconosco il lavandino dove si mettevano a rinfrescare le bottiglie di latte. Ci davano il latte per compensare la tossicità del piombo presente nella benzina. Era una norma igienica adottata per tutti i motoristi. La sala prove aveva un sistema di raffredamento del motore che noi non usavamo spesso perché non era indicativo del comportamento sulla vettura. Preferivamo immergere il radiatore in acqua, mentre questo che vediamo è addirittura senza radiatore. Questo tipo di prove si facevano con i motori che si sperimentavano per la prima volta. Dopo si utilizzava sempre con il radiatore immerso in acqua in modo da riprodurre le reali condizioni di impiego".



Ancora la maquette in legno ricoperta di lamiera della evoluzione della 33.


Il Portello in avanzato stato di demolizione, all'inizio di novembre.





Ecco l'attuale Portello: un centro commerciale...




Intervista a Filippo Surace: La mia Alfa...




CREDITI
Servizio pubblicato su www.motorbox.com, 12 Novembre 2001.
Testi di Gilberto Milano, Foto realizzate da Roberto Zini.


info@alfasport.net | Privacy | copyright club alfa sport 2019 |