Giacomelli ricorda Giovanni Marelli, suo ingegnere in Alfa Romeo

Giovanni si è spento a Bardolino dove viveva: ingegnere meccanico che si è laureato a Padova è morto a 84 anni dopo una carriera lusinghiera in Ferrari e Alfa Romeo. Bruno ci racconta un tecnico che insieme a Chiti aveva dato un impulso alla crescita del Biscione nel ritorno in F1.




“Avevo in programma di andare a trovarlo in questi giorni, ma non ho fatto in tempo. Ho ricevuto la telefonata del figlio Carlo e mi ha dato la brutta notizia”. Bruno Giacomelli è rimasto molto colpito dalla scomparsa di Giovanni Marelli, l’ingegnere che si è diviso fra Ferrari e Alfa Romeo, prima di approdare alle corse americane. Laureato in ingegneria meccanica all’università di Padova, Marelli ci ha lasciato all’età di 84 anni, dopo che si era ritirato nella sua casa di Bardolino sul Lago di Garda. Da anni si sottoponeva a tre sedute di dialisi alla settimana, ma nessuno pensava a una fine improvvisa.

“È stato un personaggio importante per l’Alfa Romeo prima dell’arrivo di Gerard Ducarouge – riprende Giacomelli – abbiamo lavorato gomito a gomito nella stagione 1980, la prima completa dopo il rientro in F1. Insieme abbiamo vissuto la crescita di una macchina che all’inizio dell’anno beccava secondi dai migliori, ma che alla fine della stagione mi aveva permesso di firmare la pole position nel GP di Watkins Glen. Quel campionato era stato straordinario: avevamo fatto un salto di qualità enorme e Gianni aveva contribuito in modo importante, come, ovviamente, aveva fatto Carlo Chiti, il grande capo”.

La chiamata per lasciare la Ferrari e approdare all’Alfa Romeo a Marelli era arrivata niente meno che dal presidente del Biscione, Giuseppe Luraghi, che voleva potenziare una squadra corse, l’Autodelta, che mieteva successi nel turismo con le Giulia GTA e GTAm e negli Sport Prototipi con l’Alfa 33.

“Giovanni era l’ingegnere con cui lavoravo – insiste Giacomelli – e avevamo raggiunto un ottimo rapporto. Era bravo nel recepire le mie esigenze in pista ed era bravo nel lavoro di sviluppo della vettura, spinto dalla voglia di innovare. Ricordo che avevamo un telaio che era nato con i pannelli in alluminio che erano stati sostituiti da pelli in carbonio. La monoposto per il 1981 avevo avuto modo di provarla a Balocco: era la migliore F1 che ho mai guidato. Peccato che non abbia mai corso perché erano state vietate le minigonne e la macchina fu completamente rifatta. Marelli grazie a Chiti era stato molto coinvolto in quel progetto…”.

Alla Ferrari era entrato nel 1967 con l'incarico di seguire il programma Dino tanto in Formula 2 che in montagna dove correva la 206S Dino Montagna. Si era fatto notare tanto da arrivare presto alla F1 e alle gare di durata fino all'inizio degli anni Settanta, quando Giovanni scelse il Biscione al posto del Cavallino: l’aspirazione era di trovare un ambiente che fosse spinto dalla voglia di innovazione, mentre a Maranello c’era un pragmatismo molto razionale.

In Alfa Romeo Marelli aveva approfondito la conoscenza con Mario Andretti, un pilota a cui è rimasto legato tanto da abbandonare l’Europa dopo la lunga esperienza nell’Autodelta, per andare Oltreoceano: negli Stati Uniti aveva trovato terreno fertile alla sua creatività con la MCM, società di cui era amministratore delegato che offriva soluzioni tecnologiche all’avanguardia. In CART aveva raccolto belle soddisfazioni col team Newman-Haas che faceva corre “Piedone”.

Il rito funebre si svolgerà domani alle 14 a Gallarate, dove l’ingegnere sarà tumulato.


Fonte: https://it.motorsport.com/

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