Camion Alfa Romeo




Autore: Massimo Condolo
Editore: Fondazione Negri

Guardando la cronologia dei camion Alfa Romeo non può non saltare all'occhio come la Casa del Portello sia stata, dopo la Fiat (e considerando per questa la continuità con l'Iveco), il più longevo costruttore italiano di veicoli industriali: il primo camion Alfa è del 1914, l'ultimo del 1988.



Un "500" cassone con cabina originale e pompa antincendio montata sul paraurti anteriore, probabilmente destinato ad una squadra di Vigili del fuoco in servizio interno in uno stabilimento Alfa. Nello spazio tra longheroni e cassone sono stati ricavati alcuni cassetti porta-attrezzature.



Mascherina identica a quella di molti "900" autobus, finestrino laterale come sul successivo "950", paraurti più ampio e placche cromate intorno ai fari: ecco un "900" fuoriserie, elaborato da un allestitore ignoto. La cura nell'allestimento della cabina stride con le sponde in legno.



Eppure, nonostante settantaquattro anni di produzione, il camion non è un veicolo che il pensiero collega automaticamente al marchio Alfa Romeo. E magari, pur ricordando qualche mezzo da lavoro con il marchio del Biscione, molti collegheranno il concetto di "camion Alfa" soltanto ai tanti veicoli leggeri e medio-leggeri che, dall'inizio degli anni Sessanta fino a metà degli Ottanta, hanno costituito la produzione camionistica della Casa. Scoprire che, per un trentennio, l'Alfa ha prodotto camion veri e propri, omologati per il peso massimo concesso dal Codice dell'epoca e spinti da grandi motori diesel, sarà per molti una sorpresa.



Un "800 RE" ancora privo dei fari supplementari impegnato in prove di impiego fuoristrada.



Per i suoi "Mille" con cella isotermica, la Galbani aveva rinunciato alla mascherina tipo "Giulietta" per fare spazio al suo marchio, la cui curvatura era stata fatta coincidere un po' a forza con quella della calandra.



Potrebbe sembrare, a questo punto, che ricostruire la storia dei veicoli utilitari Alfa sia un'impresa facile. Così non è, invece: l'Archivio storico della Casa, in quanto all'organizzazione e alla percentuale di materiale consultabile, è indubbiamente il migliore fra quelli dei costruttori automobilistici italiani. Ma il problema non sta in archivio, ma in una sorta di pudore che ha sempre tenuto i camion lontani dalla memoria storica dell'azienda.



Un "800" postbellico con cisterna carenata Viberti, curiosamente privo dei pneumatici delle ruote gemellate interne (forse per scarsezza di approvvigionamenti o perché il proprietario l'aveva acquistato senza pneumatici). Sullo spigolo anteriore sinistro della cabina si riconosce la bacchetta con catadiottri rotondi che contraddistingueva i veicoli destinati al trasporto di materiali infiammabili, antesignana delle attuali tabelle Adr.




L'"F12" con motore Perkins a gasolio, riconoscibile dalla scritta "diesel" sulla barretta sotto lo stemma "F12".



La cosa sembrerebbe spiegabile se l'Alfa, come è accaduto più volte nella sua storia, avesse prodotto veicoli industriali soltanto su licenza. Non è comprensibile, invece, se si pensa a come non soltanto sia stata in grado di produrre ottimi veicoli come quelli della serie "430"/"800" e successive evoluzioni ma sia stata anche in grado di essere, ad esempio con il "Romeo" e il "Mille", raffinata e innovativa quasi come l'eterna rivale Lancia.



Prova di guado per un "A19n" (si notino i fari rettangolari) modificato in 4x4 dalla Man Meccanica.



Dei modelli della prima generazione si sa pochissimo, e quel poco che si sa è tramandato da pochissime foto salvatesi da un incendio negli stabilimenti del Portello e già viste a corredo dei pochi scritti che hanno descritto la storia dei veicoli utilitari Alfa. Il fatto che venissero venduti già allestiti, che in altre circostanze sarebbe una grande semplificazione, è qui un impedimento: non si trovano, negli archivi di carrozzieri e allestitori, immagini di questi veicoli. Manca poi, una sistematica denominazione dei modelli con prefissi e suffissi e una grafia universale. Molto spesso i modelli precedenti al "Mille" hanno una "T" che precede la sigla (ad esempio, "T 950"), ad indicare "tipo". Disinvoltamente, però, si sono utilizzate anche grafie come "950 T" per indicare il trattore per semirimorchio, così come la "A" finale delle versioni autobus è tale soltanto per i modelli dal "430" al "950", in quanto esiste una sigla "Mille A" che indica un modello aggiornato del "Mille" e non la sua variante per trasporto passeggeri.


C'è pochissima documentazione riguardo le produzioni di veicoli Alfa Romeo su licenza in Brasile e Spagna, inoltre manca il numero di esemplari prodotti di molti modelli, fra cui tutti quelli compresi tra il 1942 e il 1967. La ragione sta nelle fonti: in Alfa Romeo non esiste, come ad esempio in Lancia, una raccolta sistematica dei dati di produzione. I dati relativi ai veicoli prebellici sono stati raccolti, non senza difficoltà, da Elvira Ruocco del Centro di documentazione storica della Casa. Quelli degli anni Settanta e Ottanta arrivano invece da una ricerca di Carlo Felice Zampini Salazar, preparatoria a una sua conferenza sulla storia dei camion Alfa tenuta a Milano all'inizio del 1989.


Testo in: italiano, disponibile anche in inglese
Tipo di copertina: rilegato
Pagine: 122
Foto in B/N: 164
Prezzo: € 30,00




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