<Alfetta berlina (116)


Identificativo di progetto: 116
Anno di produzione: 1972-1984
Serie prodotte Alfetta (1.8): 4 (1972-1975, 1975-1980, 1980-1981 e 1981-1983)
Serie prodotte Alfetta 1.6: 4 (1974-1976, 1977-1981, 1981-1983 e 1983-1984)
Serie prodotte Alfetta 2.0: 3 (1977-1982 1982-1983 e 1983-1984)
Motorizzazioni: 1.8 – 1.6 – 2.0 – 2.0TD – 2.4TD
Cambio: Manuale, con cambio a 5 rapporti + retromarcia; separato dal motore, in blocco con il differenziale e collegato alla scocca (sulla versione 2.0 dal dicembre 1978 disponibile cambio automatico ZF tipo 3 HP22 a tre rapporti e con convertitore di coppia, e differenziale autobloccante al 25%)
Posizione della leva: centrale
Trasmissione: albero con tre giunti elastici, collegato all’albero motore
Frizione: monodisco, a secco con comando idraulico
Sospensioni:
Anteriore: ruote indipendenti, quadrilateri trasversali deformabili, barre di torsione longitudinali e barra stabilizzatrice
Posteriore: assale tipo De Dion con puntoni convergenti e parallelogramma di Watt, molle elicoidali a flessione variabile e barra stabilizzatrice
Ammortizzatori: idraulici telescopici
Freni: idraulici, a disco sulle 4 ruote (posteriori In-board attaccati alla scatola differenziale), con servofreno a depressione
Dimensioni vettura:
• Scocca tipo 1.8 L=4280, l=1620, h=1430, passo=2510 [mm]
• Scocca tipo 2.0 L=4385, l=1640, h=1430, passo=2510 [mm]
Massa vettura: da 1040 a 1270 kg
Stabilimenti produttivi: Arese (MI)

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Alfetta: definita l’Alfa più innovativa del dopoguerra. Deve il suo nome alla mitica vettura da Gran Premio Alfetta 159 da cui riprese molte soluzioni meccaniche: il ponte posteriore De Dion con cambio incorporato (prerogativa delle vetture da corsa) e il largo uso di leghe leggere. Da molti considerata l’ultima vera Alfa Romeo, pensata e progettata da nuovo, rivoluzionando completamente i precedenti schemi meccanici (ad esclusione dei propulsori adottati) praticamente in ogni reparto, sterzo da scatola a circolazione di sfere o a vite globoidale e rullo della serie Giulia, alla cremagliera, dai quadrilateri anteriori con molle elicoidali a quelli con barre stabilizzatrici, dal cambio anteriore al posteriore in blocco con il differenziale, dal ponte posteriore rigido al ponte De Dion con Parallelogramma di Watt, dai freni a disco in posizione convenzionale a quelli posteriori in-board (in comune con l’Alfasud) per diminuire le masse non sospese.
Tutte le Alfa IRI prodotte di seguito, ad eccezione delle serie Alfasud e quindi 33, sono un semplice adattamento delle tecnologie più moderne ai concetti tecnici di base di questa fantastica berlina, la stessa Alfa 75, come la Giulietta, l’SZ ed RZ sono solo dei restyling profondi dell’Alfetta datata 1972.




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Telaio e sospensioni

Frutto di un progetto completamente nuovo, che l’Alfa Romeo aveva pensato per sostituire la 1750 berlina, e dalla lunga gestazione, il progetto 116 si presentava rivoluzionario per una berlina di serie, adottando soluzioni che appartenevano alla vettura da Gran Premio di Formula 1.
Il ponte posteriore De Dion con blocco cambio e differenziale in blocco era una novitĂ  assoluta e garantiva il perfetto equilibrio dei pesi tra anteriore e posteriore.
All’avantreno invece erano presenti i quadrilateri e barre di torsione in luogo delle molle elicoidali.
Ecco uno spaccato della meccanica Alfetta:





Qua di seguito vediamo in particolare l’avantreno con la scatola di guida a cremagliera, anche questa una novità per le Alfa Romeo di serie.




Qua di seguito osserviamo il particolare del gruppo sospensione anteriore



Al posteriore invece troviamo il seguente schema:



Si noti nello spaccato il gruppo frizione in blocco con il cambio ed il differenziale, i freni a disco piazzati subito all’uscita della scatola differenziale “in-board” ed il “triangolone” ancorato inferiormente alla scocca centralmente e su cui sono alloggiati i mozzi collegati tramite semiassi oscillanti alla scatola differenziale.
Quello che non si vede dallo schema precedente è che il ponte posteriore dell’Alfetta era “vincolato” superiormente dal “Parallelogramma di Watt” che assicurava che le oscillazioni verticali avvenissero sempre sullo stesso piano, come si evince dallo schema successivo:





Motorizzazioni

La motorizzazione prevista nel 1972 era solo una, ovvero il classico bialbero a camme in testa con distribuzione a doppia catena silenziosa, 4 cilindri in linea, di 1779 cc.
Successivamente venne introdotta la versione 1600cc. per ovviare alla crisi petrolifera e proporre al pubblico una versione d’attacco più economica.
Poi nel 1977 venne introdotta la versione top di gamma 2000.
Tuttavia l’Alfetta non fu mai equipaggiata con motori a 6 cilindri come la coupé direttamente discendente.
E’ da sottolineare il fatto che l’alimentazione di questi motori negli anni si è evoluta dai carburatori ad alimentazione singola (2 carburatori orizzontali doppio corpo) all’iniezione indiretta meccanica SPICA Alfa Romeo fino alla moderna iniezione elettronica Bosch Motronic, accoppiata ad un rivoluzionario sistema di variazione di fase, elettroattuato, dell’asse a camme di aspirazione, prima applicazione a livello mondiale di fasatura variabile.
Questo modello veniva preceduto dalla versione CEM a funzionamento modulare, ultima evoluzione dello studio dei tecnici Alfa Romeo sul risparmio energetico.
L’Alfetta poté fregiarsi anche di due versioni turbodiesel, anche questi, come fu per la Giulia, non made in Arese, ma erano prodotti dalla VM di Cento nelle cilindrate di 2000 e 2400 cc.

Di seguito possiamo ammirare lo spaccato della prima versione di 1779cc.
Come di consueto testa, monoblocco e carter erano tutte in lega leggera, canne in umido smontabili in ghisa.



Qua invece possiamo ammirare lo spaccato della versione 2000 cc.




Cambio e trasmissione

Croce e delizia di ogni Alfista la trasmissione dell’Alfetta, raffinatissima per lo schema tecnico, in quanto la scatola cambio/differenziale (a 5 rapporti più retromarcia tutti sincronizzati) e la frizione sono posizionati posteriormente per ottimizzare il bilanciamento dei pesi, non era altrettanto piacevole all’uso.
I lunghi rinvii che partivano dalla leva del cambio non garantivano dolcezza,velocitĂ  e precisione degli innesti pari a quelli della progenitrice Giulia.
Nemmeno verso fine carriera il problema fu risolto, un piccolo passo avanti avvenne solamente con l’Alfa 90 e a metà degli anni 80 con l’Alfa 75.
Caratteristica dell’Alfetta era l’albero di trasmissione in due pezzi, sempre in rotazione, con tre giunti elastici e supporto centrale.
Con il modello 2.0L del 1978 fu introdotto come optional anche un cambio automatico e la possibilitĂ  di montare a richiesta il differenziale autobloccante al 25%.

I rapporti di trasmissione delle varie versioni:
Clicca qua per vedere la scheda completa rapporti di trasmissione


Prestazioni

Le prestazioni tutte di prim’ordine per l’epoca ponevano l’Alfetta come leader nel suo segmento.
La 1.8 del 1972 il cui propulsore sviluppava 122 CV era accreditata di una velocità di 184 km/h quando le concorrenti dirette si fermavano sui 170 km/h (ad esclusione di Audi100 GL che si avvicinava a 181), lo scatto era ottimo solo 9,8 secondi per passare da 0 a 100 km/h, quest’ultima prestazione facilitata da un peso piuma di soli 1060 kg.
Con gli anni e la crisi energetica i motori sono stati resi un po’ meno assetati e quindi anche meno grintosi ma la supremazia dell’Alfetta sulle concorrenti è proseguita fino ai primi anni ’80 quando l’Alfetta 2.0L staccava la concorrenza grazie ad un propulsore capace di 130 CV ed una velocità di oltre 188 km/h
A causa dell’allungamento dei rapporti del cambio nella serie del 1982 per contenere i consumi (spendendo il meno possibile) le Alfetta persero un po’ del piglio sportivo che aveva caratterizzato il modello.


Stile ed evoluzione


Dimensioni principali

Lo stile dell'Alfetta, in un certo senso rivoluzionario per l'Alfa Romeo è stato curato dal Centro Stile ed ha subito nel tempo molti rimaneggiamenti.

La prima serie scudo stretto (molto probabilmente la piĂą bella):




Strumentazione della prima serie


e gli interni


La serie economica 1.6, si notino i soli due fanali di dimensioni maggiori e i paraurti piĂą piccoli senza rostri, anche il volante non era di legno


Gli interni della 1.6 prima serie, con la strumentazione di fondoazzurro ed il volante in plastica


La seconda serie, ovvero l'unificata 1.8 1.6


Strumentazione e posteriore della versione unificata, gli strumenti hanno il fondo azzurro come la 1.6 economica


Nel 1977 l'Alfetta debuttò in versione 2.0 sottoposta ad un profondo restyling.
Il muso venne allungato di circa 15 cm, i fanali diventarono rettangolari, anche i fanali posteriori aumentarono di dimensione.
Vennero adottati paraurti piĂą grandi con inserti in plastica, sparirono i deflettori dei finestrini anteriori e le maniglie divennero incassate.



Anche l'interno subì un forte restyling, specie nella plancia e nella strumentazione, il risultato tuttavia non fu eccelso.


pochi mesi dopo l'Alfa Romeo sostituì la versione 2.0 con la versione di maggior potenza e pregio 2.0L che esternamente era sostanzialmente identica ad esclusione dell'adozione dello specchio retrovisore in plastica di maggiori dimensioni e la possibilità di richiedere come optionals cerchi in lega leggera d'alluminio, oltre al tettuccio apribile


Anche gli interni vennero impreziositi adottando un fondo di finta radica per la strumentazione e rifiniture migliori per la selleria, possibilitĂ  di scegliere velluto o pelle (optional)


Sulla base della 2.0L fu prodotta anche la relativa versione America, dotata di allestimento esterno specifico e del motore 2.0 alimentato tramite iniezione meccanica SPICA-Alfa Romeo


A metà degli anni ’70 anche in Italia era nato il fenomeno delle auto a diesel, al contrario di quanto successe con la Giulia che adottò un motore Perkins certamente non idoneo per un’Alfa Romeo, con l’Alfetta I tecnici di Arese lavorarono in maniera più importante e nel 1980 debutto la versione 2.0Turbo Diesel, equipaggiata con un 4 cilindri prodotto dall’italiana VM di Cento.
Esteticamente l’auto era identica alla 2.0L ad eccezione del tubo di scarico di dimensioni maggiori e per la targhetta riportante la dicitura TurboD sulla sinistra del bagagliaio, internamente per la presenza della spia delle candelette e della pressione di sovralimentazione nel cruscotto e per una diversa scalatura del contagiri e del tachimetro.
A causa del peso aumentato l’assetto rispetto alla 2.0 a benzina era più rigido.



Nel frattempo a fine anni '70 anche le versioni unificate 1.6 e 1.8 vennero dotate delle maniglie incassate.


Nel novembre del 1981 l'Alfa Romeo decise di unificare le scocche dell'Alfetta per tutte le versioni, così anche le 1.6 e 1.8 adottarono quella della 2.0
Si differenziavano solo per la presenza della calandra color alluminio opaco, lavatergifari, antenna radio incorporata nel parabrezza e rettrovisore elettrico regolabile dal tunnel centrale nella versione due litri.
Venne inoltre adottata un portatarga posteriore in plastica piĂą grande, due modanature salvaporta lungo la fiancata, fascia protettiva in plastica nel sottoporta e gruppi ottici posteriori con cornice nera di contorno, terminale di scarico INOX oltre all'arretramento delgli indicatori di direzione laterali.
Versione 2.0


Versione 1.8 -1.6


All'interno le modifiche riguardarono i sedili di diversa conformazione, nuovi tessuti, l'adozione delle cinture di sicurezza e dei poggiatesta anche posteriori, catarifrangenti sui pannelli porta e per la versione 2.0alzacristalli elettrici azionabili dal tunnel centrale, olter al volante ed al pomello del cambio in finto mogano, per le versioni inferiori il volante ed il pomello del cambio erano neri e l'inserto sulla plancia grigio chiaro.




Nel giugno del 1982 fu presentata l'Alfetta Quadrifolgio, piĂą o meno la riproposizione della versione America per il mercato italiano.
Differiva dalla normale 2.0 per l'adozione dei doppi proiettori circolari all'anteriore, per i cerchiin lega dedicati e per alcuni particolari in tinta marrone come ad esempio la fascia sottoporta i paraurti, la calandra e le cornici dei fari.


All'interno le novità riguardavano la strumentazione impreziosita da un orologio cronometro digitale e il check system che subì un'ulteriore evoluzione pochi mesi dopo.


Un particolare del nuovo Check System e dell'orologio digitale


Nel maggio 1983 l'Alfetta fu presentata nell'ultima versione prodotta, ovvero con alcune modifiche stilistiche anche importanti tra le quali ricordiamo la carenatura delle prese d'aria alla base del parabrezza e dei montanti anteriori in colore nero, le griglie posteriori per l'uscita dell'aria spostate ai lati del lunotto, non piĂą sopra i passaruota posteriori.
Fu inserita anche una cornice grigia in ABS per i gruppi ottici posteriori che inglobava anche il portatarga.
I paraurti erano in propilene così come le fasce paracolpi laterali e sottoporta, tuttavia la QO le adottava in tinta carrozzeria.
Inoltre la nuova versione presentava uno spoiler anteriore ed una calandra in ABS di colore grigio medio con uno scudetto Alfa Romeo ristilizzato leggermente piĂą piccolo, mentre la QO adottava la versione precedente in grigio chiaro metallizzato ed aveva i fendinebbia anteriori. La QO si caratterizzava sempre grazie ai doppi proiettori circolari a differenza delle altre con i classici proiettori rettangolari.
La QO adottava un motore ad iniezione elettronica con variatore di fase all'aspirazione (primo motore al mondo), mentre la 2.0 normale i tradizionali carburatori.
Con questa edizione fu introdotto il motore 2.4 Tubo Diesel in sostituzione delle precedente unitĂ  2.0, sempre prodotto dalla VM.

Il muso della QO 1983


Il posteriore della versione '83 identico per le versioni 2.0, Q0 e 2.4TD.



Differenza dei fanali anteriori tra la 2.0 e la QO


L'interno presentava molte modifiche, la nuova tappezzeria e molti nuovi particolari conferivano maggior opulenza ed eleganza alla nuova versione.
Particolare degno di nota era l'imperiale con una grande plafoniera centrale a luce verde a doppia intensitĂ  e tre spot di lettura orientabili.
L'avvenieristico tunnel sull'imperiale.


Anche la strumentazione subì un'ulteriore modifica, gli strumenti erano raccolti in un unico gruppo.
Era presente il Check control, e nelle versioni piĂą importanti (2.0 2.4TD e 2.0 QO) schienali a regolazione elettrica, alzacristalli elettrici anche al posteriore, chiusura centralizzata, cinture di sicurezza con arrotolatore.

Gli eleganti interni




La strumentazione


Una foto di tre quarti dell'ultima serie.


La QO


Colori ed optionals

Alfetta ed Alfetta 1.6
Colori:

BLU OLANDESE 343
VERDE OLIVA METALL.** 213
FAGGIO 516
BIANCOSPINO 013
PRUGNA 525
GRIGIO INDACO 735
ROSSO ALFA 501
GRIGIO MEDIO METALL. 728
NERO * 901
GRIGIO CHIARO METALL. 727
BEIGE CAVA ** 821
VERDE PINO 216
GIALLO PIPER 116
AZZURRO LE MANS 348
BLU PERVINCA METALL. ***349
AVORIO *** 103

* A RICHIESTA DAL 9/76
** FINIZIONI SOPPRESSE IL 9/76
*** FINIZIONI INTRODOTTE IL 9/76

BLU CARABINIERI 372 per ALFETTA CARABINIERI

Optionals:
1972 appoggiatesta regolabili - lunotto termico - interno texalfa - finizione metallizzata
1973 ruote in lega leggera
1974 lunotto termico azzurrato - cristalli atermici azzurrati - condizionatore d'aria (comprensivo di cristalli atermici azzurrati con lunotto termico azzurrato)



Alfetta 1.6 1975
Optionals:

1975 orologio - lunotto termico - interno texalfa - appoggiatesta regolabili - ruote in lega leggera - finizione metallizzata



Alfetta 2.0 1977
Colori:

ROSSO ALFA 501
GIALLO PIPER 116
VERDE PINO 216
AZZURRO LE MANS 348
BLU OLANDESE 343
AVORIO 103
GRIGIO CHIARO METALL. 727
NERO 901
BEIGE CHIARO METALL. 827
GRIGIO INDACO 735
PRUGNA 525
BIANCOSPINO 013
BLU PERVINCA METALL. 349


Alfetta 2.0Li America 1981
Colori:

GRIGIO CHIARO METALL. 727

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