Alfa Romeo Alfetta: in edicola il nostro dossier

L'Alfa Romeo Alfetta, presentata nel 1972, inaugura lo schema meccanico transaxle, che prevede motore anteriore e cambio al retrotreno, in blocco col differenziale. Una scelta tecnica destinata a lasciare il segno nel cuore degli appassionati



Sviluppata a partire dalla fine del 1967 con la sigla di progetto 116, l’Alfa Romeo Alfetta viene disegnata partendo da un foglio bianco. Per la prima volta viene adottato uno schema meccanico transaxle, con motore anteriore e cambio al retrotreno, in blocco col differenziale. Una scelta che consente di ottenere una equilibrata distribuzione dei pesi tra i due assali. Non solo, ma la sospensione posteriore prevede il sofisticato ponte De Dion con parallelogramma di Watt.



Derivata dalle corse. Tale impostazione meccanica riprende quanto sperimentato dall’Alfa Romeo sulla monoposto 159, vincitrice nel 1951 del mondiale di Formula 1 con Juan Manuel Fangio. Soprannominata “Alfetta”, quella straordinaria vettura da competizione, evoluzione della 158, aveva scritto uno dei capitoli più entusiasmanti della storia della Casa milanese. Ecco, battezzare ufficialmente Alfetta la nuova berlina stabilisce una continuità con l’illustre passato sportivo del Biscione, sottolineandone al contempo la raffinatezza meccanica. Mai, infatti, si era vista prima una quattro porte stradale di grande serie dall’impostazione così corsaiola.



Un concentrato di novità. Ma lo schema transaxle e il ponte De Dion non sono le uniche innovazioni. Sull’Alfa Romeo Alfetta debuttano anche i vetri laterali curvi, lo sterzo a cremagliera e la sospensione anteriore con elementi elastici costituiti da barre di torsione longitudinali. Inoltre, sarà la prima vettura italiana con motore turbodiesel. Senza dimenticare l’innovativa versione 2.0 Cem, autentica vettura laboratorio sulla quale viene sperimentato un sofisticato dispositivo di controllo elettronico del motore (da cui la sigla Cem) che, a seconda delle esigenze, disattiva autonomamente il funzionamento di due dei quattro cilindri dell’iconico bialbero.

Un ventennio di successi. Il ciclo vitale dell’Alfa Romeo Alfetta si chiude nel 1984, dopo oltre 475.000 esemplari prodotti. Ma come anticipato, questa moderna berlina non rimane un caso isolato, bensì inaugura l’era delle cosiddette “transaxle”, una famiglia di modelli che condividono la medesima impostazione meccanica della capostipite: a partire dalla coupé GT del 1974, per passare alla Giulietta del 1977, all’effimera Alfa 90 (rimasta in produzione solo dal 1984 al 1987), all’amatissima Alfa 75 del 1986 e alle supercar SZ e RZ firmate dalla Zagato e realizzate su base 75. Con le eccentriche interpretazioni dell’atelier milanese, costruite dal 1989 al 1993, si conclude dopo 21 anni il capitolo delle “transaxle”.

Il nostro tributo. Dopo avere festeggiato la Fiat Panda nel settembre 2020, l’Alfa Romeo Alfasud nel settembre 2021 e la Renault 5 lo scorso agosto, a settembre celebriamo i 50 anni dell’Alfa Romeo Alfetta con una monografia nella quale troverete la genesi, lo sviluppo, la carriera sportiva, le derivate (GT, Giulietta, Alfa 90 e 75, SZ e RZ), l’innovativa 2.0 Cem, i prototipi allestiti dai carrozzieri e le tendenze del mercato. Oltre ovviamente ai servizi più interessanti pubblicati su Quattroruote, dall’anteprima del settembre 1971 alla prova su strada della Quadrifoglio Oro del novembre 1983, quando ormai l’Alfa Romeo Alfetta stava terminando la sua corsa. Il volume è in allegato a Ruoteclassiche di settembre, con un sovrapprezzo di 6,90 euro rispetto al costo della sola rivista.






Fonte: ruoteclassiche.quattroruote.it



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