Alfa Romeo Giulia, i 60 anni di una leggenda. Storia e curiosità




Sei decadi per una berlina che trasformò l'Alfa Romeo e il modo stesso d'intendere l'auto sportiva utilizzabile anche tutti i giorni. La TI e la Super, tanti anni di servizio nelle Forze dell'ordine, il cinema. E la discendente che ne porta il nome, la Giulia attuale



Quando la zia nasce dopo la nipote. In principio fu la Giulietta, poi arrivò la Giulia, leggermente più grande. E, da brave parenti strette, entrambe condivisero un preciso tratto genetico: avviarono una rivoluzione nel pianeta Alfa Romeo. Se la prima trasformò il Biscione da marchio semi-artigianale a vero costruttore di veicoli in serie, la seconda offrì la spinta decisiva verso la galassia della grande industria, partendo dalla “base spaziale” di Arese, l’enorme complesso produttivo terminato proprio dopo il lancio di questa berlina. Parliamo di 60 anni fa. Il 27 giugno 1962 l’autodromo di Monza ospitò in grande stile la presentazione della Giulia TI. Nuova, potente, grintosa, aerodinamica, spaziosa e anche sicura per quei tempi. Giulia affascinò immediatamente il mondo degli appassionati. Fece girare la testa a circa un milione di automobilisti nei quindici anni in cui venne prodotta. Poi il cinema, i film d’azione e gli inseguimenti lungo le strade rivestite di pellicola. E tanti anni di servizio al fianco delle forze dell’ordine. Quindi l’onore della rinascita nel 2015 con la Giulia attuale (prima la Quadrifoglio, nel 2016 la serie regolare). Senza dimenticare la coupé Giulia Sprint GT che, nella versione da corsa Gta, rastrellò vittorie nelle competizioni turismo di tutta Europa. Oltre alla Spider e le altre serie speciali come la Gtz di Zagato e la Gtc che diede vita all’Autodelta di Carlo Chiti. Ma queste sono altre splendide storie per un momento successivo, trattandosi di modelli usciti negli anni seguenti. L’attenzione è ora sulla Giulia berlina. Buon compleanno, quindi.

Il prezzo della prima Giulia


Il 27 giugno 1962, dunque, la pista di Monza ospitò lo spettacolo della nuova Alfa Romeo. Quanto costava la Giulia al momento del lancio? La TI nel 1962 aveva un prezzo di listino di 1.595.000 lire. Come riferimento, servivano circa 32 stipendi mensili (lordi) di un operaio per comprarla. La Giulia attuale, allestimento Super e motore diesel da 160 Cv, parte invece da 48.400 euro e per il suo acquisto servirebbero circa 22 stipendi (sempre lordi) di un operaio contemporaneo. La fascia di mercato è la stessa: come va classificata nel settore premium l’auto di oggi, così andava collocata la vettura del passato, lo disse proprio il presidente dell’Alfa Romeo, Giuseppe Luraghi, durante quella presentazione: la Giulia doveva salire di livello rispetto alla Giulietta che sostituiva.

Venne presentata inizialmente la berlina Giulia TI, insieme alla coupé Sprint GT e alla Spider. Motore bialbero a quattro cilindri in linea 1.6 derivato dalla Giulietta ma rivisto, aggiornato e potenziato, sempre affidato alle cure del geniale Giuseppe Busso. Leggero, grazie a monoblocco e testata in alluminio. Collocazione longitudinale. Potenza di 90 cavalli a 6.000 giri e coppia massima di 119 Nm a 4.400 giri. Poco? Oggi, forse. Ma allora non era per nulla semplice. E le auto erano leggere come piume. Dove la trovate attualmente una berlina media che pesi solo 1.000 kg come la Giulia storica? Un fuscello, infatti era in grado di raggiungere 169 km/h. Trazione ovviamente posteriore e, altra raffinatezza, cambio a cinque marce.

Il design della Giulia: “Disegnata dal vento”


Era uno slogan promozionale (escogitato dal poeta Leonardo Sinisgalli quando si occupava dell’ufficio pubblicità del Biscione) ma fu alquanto indovinato e, sembrerà strano, anche basato su caratteristiche reali del prodotto che si voleva vendere. I disegnatori diretti da Ivo Colucci e Giuseppe Scarnati avevano scelto una forma tradizionale, la classica berlina a tre volumi. Tuttavia si allontanava decisamente dalle linee tondeggianti del decennio precedente. Squadrata, sì, ma attenta nei dettagli. Lunghi studi al Centro stile del Portello (il complesso di Arese fu completato solo nel 1963) e nella galleria del vento del Politecnico di Milano indussero i disegnatori a creare quella sezione frontale ribassata e curva, accanto alla coda tronca. Il risultato era un Cx di 0,34, all’epoca un vero e proprio record per una berlina. Lunghezza di 413 cm, quindi dimensioni medie (relativamente allo standard di quegli anni, oggi sarebbe quasi un’utilitaria), proporzioni molto equilibrate. Fari tondi, accoppiati e successivamente anche singoli, le davano un’espressione grintosissima. No, nel 1962 non ce n’erano altre così a quel prezzo. Eppure i giornalisti che la videro all’anteprima di Monza storsero il naso. Non l’avevano capita. Il pubblico invece comprese benissimo e rispose a suon di acquisti.

Alfa Romeo Giulia, il telaio: agile e sicuro


Al volgere degli anni Sessanta la sicurezza stradale era ancora in embrione, anche nella percezione degli utenti. Tuttavia qualcosa cominciava a muoversi. La struttura della Giulia aveva poco in comune con la Giulietta. Il suo progetto, sotto la direzione attenta di Orazio Satta Puliga, evolveva parecchio gli standard del nuovo veicolo. Sicurezza attiva, innanzitutto, cioè eccellente tenuta di strada: sospensione anteriore a ruote indipendenti, molle e barra stabilizzatrice; asse posteriore a ponte rigido con singolo braccio oscillante. Gli ammortizzatori erano idraulici su entrambi gli assi. Dal 1963 offrì anche quattro freni a disco, altro elemento non precisamente diffuso. Sicurezza passiva all’avanguardia grazie alla monoscocca a deformazione progressiva per assorbire l’energia cinetica degli urti, oltre al piantone dello sterzo collassabile e una cella dell’abitacolo particolarmente rigida. Sempre caratteristiche poco diffuse a quel livello di prezzo. La Giulia anticipò di sei anni le leggi negli Usa (e di otto in Europa) che imponevano specifici standard costruttivi per mitigare i danni conseguenti agli incidenti frontali.

Gli interni della Giulia


Una berlina di livello medio-alto doveva garantire spazio, comfort ed una certa eleganza. Inizialmente, sulla TI d’esordio, la Giulia utilizzava un divanetto unico anche all’anteriore, potendo quindi ospitare 6 persone. Di conseguenza la leva del cambio si trovava sul piantone, mentre la strumentazione invece era composta da un grande cruscotto rettangolare con indicatore della velocità a sviluppo orizzontale. Dalla Super del 1965 i sedili si sdoppiarono in entrambe le file, l’omologazione venne abbassata a cinque posti. Quindi il cambio tornò con la leva sul tunnel centrale. Migliorarono anche le finiture. Nello stesso anno sulle TI (si era affiancata anche una 1300) apparvero il volante a tre razze e il cruscotto ad elementi circolari, sempre però racchiusi in un contenitore rettangolare.

Alfa Romeo Giulia, motori, velocità e consumi


Il quattro cilindri bialbero a benzina fu declinato in due cilindrate ed ebbe ovviamente diverse potenze, tra le versioni “base”, Super, TI, TI Super (cioè la Giulia Quadrifoglio) e Nuova Super. La cubatura 1600 (1.570 cc) erogò per la berlina 88, 90, 96, 98, 104 e 113 Cv. Invece il 1300 (1.290 cc) fu declinato con 80, 85 e 88 Cv. A fine carriera, nel 1976, venne prodotta anche una versione diesel. La Giulia Nuova Super Diesel fu la prima autovettura a gasolio della casa di Arese. Il motore da 1.760 cc erogava 55 Cv e consumava circa 8 litri per 100 km. La 1600 a benzina ne consumava circa 11, la 1300 si attestava intorno ai 10 litri. Le prestazioni delle auto di quell’epoca erano simboleggiate dalla velocità massima. Sempre sulle berline, la 1600 raggiunse punte da 169 a 175 km/h, oltre ai 189 della Quadrifoglio. Mentre la 1300 viaggiò sulla fascia 161-168 km/h. E la relativamente risparmiosa Giulia a gasolio marciava tranquillamente sui 133 km/h.

La Giulia delle forze dell’ordine


L’Alfa Romeo, in quanto azienda statale, era la principale fornitrice di veicoli delle Forze dell’ordine italiane, soprattutto per coprire l’esigenza di mezzi veloci. Quindi anche la Giulia ha fatto la propria parte nelle dotazioni dei rispettivi corpi. Le “pantere” grigioverdi e poi biancoazzurre della Polizia, le “gazzelle” prima grigioverdi quindi blu dei Carabinieri, infine gli esemplari nella livrea grigia della Guardia di Finanza. Circa due decadi (i mezzi in divisa com’è noto restano in servizio molto, molto a lungo) trascorse a servire onorevolmente lo Stato accompagnando militari e agenti negli inseguimenti, nelle corse per soccorrere persone in pericolo, nei pattugliamenti o nei servizi di scorta. Sempre velocemente.

La “Giulia Miao”


Una curiosità poco nota, o forse dimenticata dopo tutto questo tempo. Nell’aprile 1965 le immatricolazioni nella provincia di Milano superarono la soglia del milione di esemplari. Di conseguenza la classificazione adottata fino ad allora per le targhe, cioè la sigla provinciale seguita da sei cifre, venne esaurita. La targa quadrata di quella dimensione infatti poteva ospitare come numero massimo 999.999 dopo la provincia. Fu deciso quindi di passare ad una combinazione alfanumerica: dopo la sigla provinciale una lettera ed una cifra nella prima riga e altri quattro numeri nella riga inferiore. Per cui la targa del milionesimo veicolo milanese diventava MI A0 0000. Cosa si legge, interpretando da lontano lo zero come una lettera “O”? Ma il classico verso del gatto, “Miao”. E quell’auto fu proprio una Giulia, di proprietà del Corriere della Sera. Fu organizzata una cerimonia in grande stile per la consegna di quella targa, il 12 aprile 1965 alla sede milanese dell’Aci (che gestisce il Pra, il pubblico registro automobilistico), a cui partecipò anche il presidente dell’Alfa Romeo Giuseppe Luraghi. È poi circolata una foto meno ufficiale, creata da un geniale fotografo dotato di ottimo senso dell’umorismo: prese un gatto e lo piazzò sul cofano della “Giulia Miao”.

La Giulia al cinema


Ha “interpretato” più film lei di parecchi attori in carne e ossa. Negli anni Settanta la Giulia fu una vera star del cinema. Proprio per le sue caratteristiche di velocità e agilità, come visto fu impiegata per parecchio tempo dalle Forze dell’ordine. E, specularmente, spesso anche dai criminali. Di conseguenza aveva “il fisico” per sfondare anche al cinema, dove l’inseguimento era molto redditizio (lo è ancora e lo sarà sempre). Il genere “poliziottesco” nacque sul finire dei Sessanta e furoreggiò per tutta la decade successiva. Maurizio Merli e Tomas Milian sono i nomi più rappresentativi dei polar all'italiana. Merli, in particolare (o meglio, la sua controfigura nel team di cascatori del leggendario Rémy Julienne), recitò da par suo al volante della Giulia in Poliziotto sprint, pellicola del 1977 diretta da Stelvio Massi. Nella prima parte del film strapazzò l’Alfa in modo devastante, prima di ricevere una Ferrari 250 Gte nera (la storia è ispirata alle vicende del vero maresciallo Spatafora della Mobile di Roma) per inseguire meglio i cattivi. Tra i numerosi lavori di questo genere citiamo: La Polizia sta a guardare, 1973, di Roberto Infascelli con Enrico Maria Salerno; Squadra volante, 1974, di Stelvio Massi con Tomas Milian (non nella parte di “Monnezza”) e Gastone Moschin; una commedia atipica, La pupa del gangster, 1975, di Giorgio Capitani con Sophia Loren e Marcello Mastroianni (ma anche la Giulia); Paura in città, 1976, di Giuseppe Rosati sempre con Maurizio Merli.

La discendente: l’Alfa Romeo Giulia di oggi


La Giulia storica ebbe parecchie figlie e nipoti e la classificazione delle “parentele” non è lineare. Infatti tecnicamente la prima erede della Giulia per segmento andrebbe considerata la Giulietta del 1977. Tuttavia, come la Giulia portò più in alto il limite della fascia media rispetto alla Giulietta del 1955, secondo una possibile interpretazione, fu l’Alfetta del 1972 a raccogliere questo particolare testimone, perché fece salire ulteriormente tale segmento. Allora la “linea di successione” della Giulia è meglio rappresentata da Alfetta ed eredi: Alfa 90, 75, 155 con l’abbandono della trazione posteriore, 156, 159 e poi ancora Giulia col ritorno delle ruote motrici al retrotreno. Uscita nel 2015 nella versione supercar Quadrifoglio, nel 2016 è stata avviata la produzione della serie regolare. Trazione posteriore o integrale, albero di trasmissione in fibra di carbonio (per tutti i modelli), motori da 160 a 280 cavalli, poi la Quadrifoglio con 510 cavalli e le esclusive Gta e Gtam con 540 cavalli. La storia non tramonta.


Fonte: https://www.gazzetta.it/motori/





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