Alfa Romeo di Arese
Vincolo del ministero sul Centro tecnico, ma resta l'incertezza sul futuro




La battaglia per la salvaguardia del Centro tecnico Alfa Romeo di Arese, della quale avevamo dato notizia, segna un punto importante: è stato, infatti, emanato il provvedimento del ministero della Cultura e della Commissione regionale per il patrimonio culturale con il quale il cosiddetto Palazzo Gardella, tra i pochi edifici sopravvissuti della grande area produttiva, è stato dichiarato “d’interesse culturale particolarmente importante”, sulla base dell’art. 10 del Codice dei beni culturali ed è pertanto “sottoposto a tutte le disposizioni di tutela contenute nel Codice dei beni culturali”. Il provvedimento è motivato con il fatto che l’edificio “costituisce uno dei più importanti contributi all’architettura del terziario in Italia (…), assumendo un significato simbolico rilevante per Alfa Romeo e per lo stabilimento di Arese”. Al palazzo viene riconosciuto il fatto di essere rimasto, insieme con il vicino Centro direzionale (già tutelato nel 2011) l’unica testimonianza rimasta di una parte importante della storia industriale non solo della Casa del Biscione, ma dell’intero Paese, stanti i “risvolti sociali, culturali, politici, sindacali” che la sua esistenza ha comportato. Nei suoi uffici sono stati progettati modelli importanti, ma si sono discussi anche temi fondamentali per l’economia nazionale e vissuti momenti drammatici negli anni del terrorismo di matrice politica.

Il valore del Palazzo. Il Centro tecnico Alfa Romeo venne costruito tra il 1970 e il ’74 e porta la firma degli architetti Ignazio e Jacopo Gardella e Anna Castelli Ferrieri. Milanese, cresciuto in una famiglia in cui ingegneria e architettura erano pane quotidiano, Ignazio Gardella (1905-1999) ancora studente aveva iniziato a frequentare il gotha dell’architettura internazionale: figure come quelle di Franco Albini, Ernesto Nathan Rogers, Lodovico Belgiojoso, Alvar Aalto. Tra le sue opere più note, basti ricordare il Padiglione d’Arte Contemporanea della Galleria d’arte moderna di Milano, realizzato negli anni 50 e ricostruito, insieme con il figlio Jacopo, dopo il tragico attentato di matrice mafiosa del 1993, gli stabilimenti e gli uffici della Kartell a Milano, il progetto del quartiere Snam a Metanopoli-San Donato Milanese, la stazione ferroviaria di Lambrate a Milano, l’ampliamento dell’università Bocconi, sempre di Milano. Il progetto del centro tecnico Alfa Romeo prese il via nel 1967 con un concorso che vide Gardella prevalere sulle proposte di altri valenti progettisti (lo stesso Albini, Cassi Ramelli e i fratelli Latis) con un edificio lineare, caratterizzato dalla presenza di un grande basamento inferiore, in parte destinato ad accogliere le auto e gli autobus del personale e dei visitatori, e la piastra superiore, adibita agli uffici e caratterizzata da una struttura interamente metallica, considerata oggi tecnicamente impegnativa rispetto all’epoca della sua realizzazione (i lavori terminarono nel 1974). Oggi, però, l’edificio, la cui proprietà è passata dal gruppo Stellantis a quello Finiper, che già ha realizzato la grande area commerciale negli spazi un tempo occupati dallo stabilimento Alfa Romeo, giace in stato di abbandono.

Destino incerto. Palazzo Gardella, dunque, è ora tutelato dal ministero della Cultura, ma quale sarà il suo destino? Scongiurato il rischio di abbattimento, reso impossibile dall’esistenza del vincolo, rimane il dubbio sulla sorte dell’edificio, rispetto alla quale in passato erano circolate le ipotesi più varie (si era parlato di uno SkiDome, cioè di una pista di sci indoor sullo stile di quella esistente a Dubai e di altri utilizzi commerciali dell’area). Ora si pensa ad altre, possibili infrastrutture sportive, ma le iniziative dovranno essere prese dalla proprietà privata di concerto con le numerose pubbliche amministrazioni coinvolte, a partire dalla Città metropolitana e dal Comune di Arese. In ogni caso, come recita il provvedimento del ministero della Cultura, “riguardo alle differenti strategie di intervento per il riuso e il pieno utilizzo dell’edificio (…) ci si riserva di valutare ogni intervento secondo le disposizioni del Codice dei beni culturali, perseguendo i fini della tutela mediante un dialogo costruttivo con la proprietà”. Bisogna fare presto, però, perché il degrado di un edificio abbandonato procede rapidamente.




Fonte: quattroruote.it



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