ALFA ROMEO Nostalgia canaglia

Spesso si rimpiangono le auto di una volta. Ma qual è davvero la differenza quanto a prestazioni e comportamento con le loro nipoti di oggi? Per rispondere con fatti e numeri, da questo mese prende vita una serie di confronti molto particolari. S'inizia con due berline del Biscione, l'Alfetta e la Giulia




A quell'epoca ascoltavo i Beatles. Tutti ascoltavano i Beatles, perché il gruppo si era sciolto da poco ed era una cosa che non si poteva credere. Appassionato d'auto fin da bambino, viaggiavo verso i miei diciotto anni in un mondo scintillante ed esuberante, anche se pieno di contrasti. Non erano certo anni facili, c'erano gli attentati, i rapimenti, ma anche la contestazione giovanile, il femminismo, il Concorde che effettuava il primo volo, i Queen che sbancavano tra i nuovi gruppi musicali.

Alfetta
BENZINA
PREZZO (LISTINO)
€ 19.773*
MOTORE
L4 benzina - 1.779 cm3
POTENZA 90 kW - 122 CV
CONSUMI
Omologato 8,7 km/l
Rilevato 8,3 km/l
Costo 20,12 €/100 km
EMISSIONI CO2
Omologato 274 g/km
Rilevato 286 g/km

Giulia 2.0 TB Sprint
TURBOBENZINA
PREZZO (LISTINO)
€ 50.500
MOTORE
L4 turbobenzina - 1.995 cm3
POTENZA 148 kW - 201 CV
CONSUMI
Omologato 13,2 km/l
Rilevato 12,0 km/l
Costo 13,91 €/100 km
EMISSIONI CO2
Omologato 164 g/km
Rilevato 198 g/km

* l'Alfetta, nel 1972, costava 2 milioni e 245 mila lire. La cifra che trovate qui in alto, poco meno di 20 mila euro, è invece quello che costerebbe oggi secondo la rivalutazione monetaria fatta in base all'indice dei prezzi al consumo (fonte Istat).

Ovviamente non lavoravo ancora per Quattroruote, però già da qualche anno la leggevo e la prova dell'Alfetta la ricordo bene. In casa giravano esclusivamente Alfa Romeo e il costruttore milanese era al top delle mie preferenze. Non era soltanto una questione di affetto familiare: le Alfa erano auto straordinarie, tecnicamente all'avanguardia. Una spanna sopra le altre.

Unica nel suo genere. «L'auto da famiglia che vince le corse»: lo raccontava la pubblicità di quegli anni, e mai un'affermazione era stata più azzeccata. E così, all'inizio di quell'estate del 1972, aspettavo con ansia la prova di Quattroruote, arrivata poi puntualmente sul numero di giugno, per quanto riguarda la parte statica, e di luglio per dinamica e comportamento.

Forte di un layout tecnico davvero fuori del comune, l'Alfetta stupiva per la tenuta di strada, merito di un bilanciamento perfetto – nessun'altra berlina aveva il cambio al retrotreno – e di sospensioni particolarmente raffinate: davanti a quadrilateri e barre di torsione, dietro con ponte De Dion e freni entrobordo, come sulla Lotus di Formula 1. Una manna per gli appassionati di tecnica. E non finiva lì: dentro al cofano rombava il classico bialbero, qui in versione 1.8 litri alimentato da due carburatori doppio corpo. Quanto alle concorrenti, in realta c'erano parecchie berline straniere di quella categoria, ma di rivali vere e proprie l'Alfetta non ne aveva: soltanto la BMW 2002 poteva reggere il passo, però era molto più difficile da guidare.



2016, arriva la nuova Giulia. Da allora sono passati quasi cinquant'anni, durante i quali l'Alfa Romeo ha vissuto vicende alterne, per non dire travagliate. Non sorprende, dunque, che quando Sergio Marchionne ha deciso di provare a ridare lo smalto di un tempo alla Casa milanese abbia pensato subito a una berlina sportiva, genere in controtendenza con le mode del momento. C'è un sottile filo conduttore che lega l'Alfetta di allora alla Giulia di oggi. Le prestazioni, come vedremo, sono ben diverse e, se si parla di sicurezza, non c'è proprio storia. Ma il piacere della guida, la magica sensazione capace di trasformare anche il più insignificante degli spostamenti in un'esaltante esperienza al volante, ecco, quella è rimasta intatta. La Giulia ripropone al più alto livello proprio le qualità – sterzo, tenuta di strada, bilanciamento – che fecero a suo tempo la fortuna dell'Alfetta.

L'ABITABILITÀ


INTERNI. Come potete vedere dai disegni, la Giulia è parecchio più grande dell'Alfetta. Le misure interne, però, non sono così diverse. Per esempio, nonostante sia assai meno larga della Giulia, l'Alfetta in senso trasversale offre, centimetro più centimetro meno, la stessa abitabilità. Per contro, sulla Giulia si viaggia molto più protetti e sicuri.

Dal punto di vista tecnico è altrettanto raffinata. Il De Dion ha lasciato spazio a un multilink e, davanti, i quadrilateri hanno l'articolazione inferiore a centri virtuali. Il quattro cilindri ha perso uno dei due proverbiali alberi della distribuzione a favore di un raffinato sistema elettroidraulico a controllo elettronico. Più avanti trovate i risultati delle prove effettuate a suo tempo sull'Alfetta a confronto con quelle della Giulia nella versione 2.0 TB 200 cavalli. Prima ancora di mettersi al volante delle due auto, alcune caratteristiche saltano subito all'occhio, segno inequivocabile del trascorrere degli anni. Innanzitutto, la Giulia è molto più grande; è più lunga (di circa 36 cm), ma soprattutto più larga di ben 24 cm, il che si traduce in una superficie frontale nettamente più ampia. E poi c'è il peso, cresciuto del 45% (da 1.155 a 1.679 kg). Dietro a questi numeri si nascondono cinquant'anni di progresso in termini di sicurezza, riduzione delle emissioni inquinanti, guidabilità e confort.

LA PLANCIA

ALFETTA. Mettersi al volante della berlina milanese era già un'emozione. Il guidatore era accolto da una bella strumentazione composta da cinque quadranti (con numeri rigorosamente bianchi su fondo nero). Da sinistra: il contagiri che inglobava il manometro dell'olio, l'indicatore del livello del carburante, l'orologio, il termometro dell'acqua e il tachimetro. Il volante, di legno, aveva la tipica forma a calice e, per la prima volta su un'Alfa Romeo, era regolabile in altezza.
La console accoglieva i comandi del riscaldamento, che permettevano di regolare in modo indipendente la temperatura sui due lati dell'abitacolo. Al di sotto c'era l'alloggiamento per la radio. Sul tunnel, l'immancabile posacenere e il relativo accendino




Alfetta al top. Quanto a prestazioni, la berlina milanese era tra le più rapide e veloci all'epoca e c'è da dire che si difende bene ancora oggi. Lo 0-100 viene risolto in meno di dieci secondi (9,8 per l'esattezza), grazie alla massa ridotta e alle indubbie caratteristiche di coppia e potenza del bialbero Alfa. I freni ricevettero il massimo dei voti (5 stelle), ma sono assolutamente inadeguati se li si giudica con il metro di oggi. Pensate che, per fermarsi da 100 km/h, l'Alfetta aveva bisogno di ben 54,4 metri, più di quello che oggi serve a una Jeep Wrangler. E occorreva un guidatore capace di calibrare attentamente la potenza frenante per evitare il bloccaggio delle ruote davanti. Ora ci sono l'Abs e l'Esp che, sfruttando tutta l'aderenza disponibile, ottimizzano la frenata e consentono alla Giulia di fermarsi dalla stessa velocità in 40 metri senza richiedere alcun impegno al guidatore, se non quello di premere con forza sul pedale del freno. Quanto al comportamento, le due auto sono più vicine di quanto si possa immaginare. Almeno in termini di sensazioni, perché il bilanciamento generale, grazie al peso distribuito equamente sui due assi, permette di sfruttare al massimo la capacità di tenuta dei pneumatici in curva. Detto questo, i numeri sono impietosi: se la Giulia è in grado di sviluppare accelerazioni laterali superiori a 1 g, l'Alfetta non va oltre 0,75 g, valore oggi alla portata di un mezzo commerciale. Poco male: resta comunque un oggetto tutto da guidare, perché con sterzo e acceleratore giochi un po' come vuoi con gli amici e i nemici abituali, il sotto e il sovrasterzo. Insomma, il Dna di sempre. Buon sangue non mente.


Il layout della strumentazione, per esempio, è simile. Quella della Giulia, però, è elettronica.


Un mondo, invece, separa i pneumatici e i freni delle due auto.


Gli specchietti retrovisori svolgono la stessa funzione, ma quello dell'Alfetta, al confronto, sembra quasi di un'auto giocattolo. Sulla Giulia integra l'indicatore di direzione.



TECNICA - ALFA ROMEO ALFETTA

L'Alfetta proponeva schemi tecnici davvero all'avanguardia per quei tempi. Pur avendo la disposizione classica della meccanica, cioè con il motore anteriore longitudinale e la trazione posteriore, aveva cambio (a cinque marce) e frizione (monodisco a secco con comando idraulico) montati al retrotreno, in blocco con il differenziale. Questa soluzione permette di arretrare il baricentro, ridurre il momento polare d'inerzia e avere una ripartizione pressoché perfetta del peso sui due assali. Anche le sospensioni erano innovative. Davanti c'era uno schema a quadrilateri, con l'elemento elastico realizzato con barre di torsione in luogo delle classiche molle elicoidali. In questo modo, si riduce l'entità delle masse non sospese e si rende la sospensione più reattiva ai movimenti. Stessa filosofia anche per quella posteriore, dove, per ridurre l'inerzia, i freni (a disco) erano montati entrobordo, ovvero all'uscita del differenziale anziché sulle ruote: una tecnologia utilizzata sulle Formula 1 di quel periodo. Freni a disco anche all'avantreno con doppio circuito, servofreno e limitatore di frenata per quelli dietro. Sull'Alfetta debutta pure lo sterzo a cremagliera in luogo della scatola a vite e rullo utilizzata fino a quel momento sulle Alfa Romeo. Ovviamente, non c'era alcuna servoassistenza. I pneumatici erano dei 165HR14, montati su cerchi di lega leggera da 14 pollici (e canale da 5,5 pollici).


Valvole al sodio.[ Il classico bialbero ha una cilindrata di 1.779 cm3. Dotato di nuovi condotti di scarico, grazie ai due grandi carburatori Weber doppio corpo, eroga ben 122 cavalli a 5.500 giri/min. Realizzato completamente in lega leggera, ha la particolarità di avere le camere di scoppio emisferiche e le valvole di scarico dotate di un inserto di sodio che consente di smaltire meglio il calore. Per la prima volta, la ventola di raffreddamento non è più collegata al motore, ma mossa da un motorino elettrico controllato da un termostato. Per migliorare la lubrificazione, il quattro cilindri è montato leggermente inclinato all'indietro e a sinistra.

TECNICA - ALFA ROMEO GIULIA

La Giulia arriva sul mercato nel 2016, dopo una gestazione molto rapida a opera di una vera e propria task force composta da un gruppo di giovani tecnici e ingegneri che la progetta ex novo partendo da un foglio bianco. La scocca è stata pensata fin dall'inizio con l'obiettivo di coniugare il minor peso possibile con la massima rigidezza. Ogni elemento è stato calcolato con la massima cura: porte, parafanghi, duomi e cofano sono di alluminio. Sempre per contenere il peso, l'albero di trasmissione è realizzato in carbonio, caratteristica che ha consentito di risparmiare altri 8 kg sulla massa totale. Come l'antenata, anche la Giulia può contare su sospensioni particolarmente raffinate. L'avantreno è a quadrilatero alto, mentre dietro c'è uno schema multilink a quattro leve e mezzo con bracci e mozzi di alluminio. Quanto ai freni, la Giulia utilizza per la prima volta il sistema elettroidraulico Continental Mkc1, che svincola il pedale dalla generazione della pressione nel circuito, che è realizzata, invece, da un attuatore elettrico, che sostituisce a tutti gli effetti il servofreno a depressione. Anche il 2 litri 4 cilindri è completamente nuovo. Sovralimentato con un turbo, ha distribuzione con sistema elettroidraulico MultiAir, che consente di variare sia la fasatura sia l'alzata delle valvole di aspirazione.


Centri virtuali. La sospensione anteriore è a quadrilatero alto con la peculiarità dell'articolazione inferiore a centri virtuali. Il braccio è sdoppiato, ognuno con un proprio snodo sferico sul montante. In tal modo, il centro di rotazione inferiore dell'asse di sterzo è spostato all'esterno, nel punto in cui s'incontrano i prolungamenti degli assi dei bracci. Ciò ha consentito di mettere la scatola guida (con servo elettrico integrato) davanti al motore. Così si riduce l'altezza del frontale e si abbassa il baricentro.

LE PRESTAZIONI FONDAMENTALI
















Fonte: quattroruote.it







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