Alfa Romeo Alfetta Gtv6, “quasi” l’erede della Montreal
Oltre ventitremila esemplari venduti tra il 1981 ed il 1987 caratterizzati da una meccanica di primissimo livello e prestazioni ancora apprezzabili
Normalmente, in questa rubrica, siamo soliti celebrare gli anniversari dei modelli di auto e non delle loro versioni; questa volta si fa un’eccezione data la straordinaria valenza dell’Alfa Romeo Alfetta GTV6 quale vettura per appassionati delle belle auto e della guida. Premettiamo che siamo sempre stati abbastanza critici a proposito del design di questa macchina che ci pare non uno dei migliori di Giorgetto Giugiaro; non riuscì infatti, a nostro parere, ad armonizzare al meglio il penetrante musetto con l’ingombrante abitacolo; certamente i limiti posti dall’Alfa Romeo in ordine all’abitabilità pretesa non gli hanno facilitato il lavoro, però non ci si può dimenticare il capolavoro che lo stesso stilista compì di lì a poco con l’Alfasud Sprint, condizionata senz’altro da capitolati simili, per giustificare quanto affermato.
All’auto originaria tuttavia non mancava un tratto di elegante sobrietà ma poi, con il restyling del 1980, si dovette purtroppo assistere ad un inizio di invasione di plastica grigia applicata in ossequio alla moda di quel periodo che non fece altro che involgarirne la linea. È nella stessa occasione però che nasce la versione GTV6 di cui parliamo: per la precisione in quell’anno ne viene costruito solamente un primo lotto di esemplari individuati, nei documenti di fabbrica, come “caricate ad enti interni”: solitamente si tratta di vetture aziendali o predisposte per l’uso agonistico; è solamente nel 1981 che, finalmente, questo gioiello arriva nelle mani della stampa specializzata e dei primi “fortunati” clienti.
Usiamo questo aggettivo perché allora se si superava la soglia dei due litri di cilindrata l’Iva raggiungeva la terrificante aliquota del 35% (poco dopo portata graziosamente al 38%) ed occorreva quindi essere adeguatamente facoltosi, nonché fiscalmente inattaccabili, per potersi concedere simili acquisti. E questa clientela non avrebbe certamente potuto accontentarsi del livello di finitura e di accessoristica che la “plasticosa” plancia, la modestia dei rivestimenti e la proverbiale austerità Alfa Romeo in tema di dotazioni mettevano a disposizione.
Ecco quindi che si può tranquillamente affermare che gli oltre ventitremila esemplari venduti tra il 1981 ed il 1987 sono frutto esclusivamente della spettacolare meccanica che la muove. Già a livelli progettuali di eccellenza con il due litri a quattro cilindri, con il trapianto del V6 da due litri e mezzo della berlina Alfa Sei, l’Alfetta GT diventa un qualcosa cui occorre banalmente inchinarsi: sufficientemente veloce per svolgere il ruolo di Gran Turismo senza complessi (210 km/h ed 8,2 secondi nello 0-100 km/h), è nella guida sportiva sul misto veloce che questa auto svetta sulla concorrenza in termini di maneggevolezza, tenuta di strada e frenata e per di più con un sottofondo sonoro prodotto dal V6 che varrebbe anche da solo il prezzo del biglietto.
In questo ambito, importantissimo per il piacere di guida di cui si è parlato, molto importanti sono le ruote da 15” con pneumatici 195/60 che, sulla GTV6 , prendono il posto dei più striminziti 14” della GTV quattro cilindri; permane invece la leggera difficoltà nella manovrabilità del cambio, posto al retrotreno, e segnaliamo anche per completezza l’ultimo oltraggio alla linea di Giugiaro costituito dalla gobba sul cofano a mo’ di turbo diesel dell’epoca; un oltraggio che però questa volta, occorre dirlo, è pienamente giustificato da ciò cui questa protuberanza doveva fare spazio.
Come detto, infatti, la macchina entusiasmò tutti coloro che poterono guidarla soprattutto grazie al potente motore (160 CV) che, attraverso l’adozione dell’iniezione elettronica Bosch L-Jetronic, risultava ancora più pastoso (il che è tutto dire...) di quello alimentato da sei carburatori montato sulla berlina e ne limitava drasticamente la sete tanto da risultare, in una prova strumentale, ancor meno vorace del due litri: non era difficile insomma, volendo, percorre una decina di chilometri con un litro.
Nel 1983, l’Alfetta GTV fu ancora una volta molestata da un ultimo intervento stilistico a base di vernice grigia scura al di sotto della modanatura laterale; belli invece i nuovi appoggiatesta a rete ed il nuovo marchio ingrandito sullo scudetto centrale della calandra.
Oggi nessuna differenza vi può essere tra le due versioni quanto ad interesse collezionistico: che giudichiamo di primissimo livello in quanto riteniamo l’Alfetta GTV6 una sorta di erede della magnifica Montreal; identica considerazione si può fare quanto a potenzialità di investimento che ci pare ancora molto allettante: pur già entrata in una dinamica ascendente piuttosto decisa, i migliori esemplari viaggiano già attorno ai ventiduemila euro, e crediamo che lo spazio verso l’alto sia ancora molto ampio. Il difficile, piuttosto, è trovare un’esemplare che abbia tutta la componentistica in plastica integra e con un abitacolo in condizioni consone all’affetto che, per meritare il vostro interesse, deve esserle stato riservato.