Coronavirus
Unrae: 'Con il -85% di marzo, il mercato italiano non c'è più'




Era purtroppo facile immaginare che il mercato dell’auto avrebbe sofferto in modo straordinario l’impatto del coronavirus e del lockdown che ne è stata conseguenza. Oggi ne abbiamo avuto conferma, per quanto riguarda l’Italia. E a riassumere il primo bilancio di una situazione drammatica è stato Michele Crisci, presidente di Unrae, associazione che rappresenta le case costruttrici straniere: "Già nei primi due mesi del 2020 stavamo vivendo una sofferenza evidente, con un -7,3% nelle immatricolazioni e addirittura un -16,3% sul canale privati. In attesa che il ministero dei Trasporti comunichi i dati ufficiali, oggi alle 18, possiamo già dirvi che i nostri numeri proiettano per il numero di marzo un calo delle vendite dell’85,6% (85,4 secondo i dati del ministero, ndr). Sono state immatricolate 28 mila macchine". Insomma, quello che è successo a febbraio in Cina – primo Paese ad aver "chiuso" a causa del contagio – è accaduto anche da noi: il mercato dell’auto non c’è più. Continua Crisci: "Ci siamo domandati se questo fosse il momento giusto per rappresentare ai policy maker le istanze dei costruttori, essendo perfettamente consapevoli che tutti i settori si trovano in una situazione di grande difficoltà. E ci siamo risposti che sì, oggi è doveroso farlo. È fondamentale proteggere questo settore con un approccio strategico, tenendo presente che in questo momento qualsiasi attività non ha più alcuna liquidità in entrata, mentre rimangono immutati i costi, le scadenze, i pagamenti ai fornitori". A questo punto resta da capire quanto durerà questa situazione che rischia di minare la sopravvivenza di un comparto centrale per l’economia, l’occupazione e il bilancio italiani (la distribuzione rappresenta il 10% del Pil). Crisci, come tutti, non ha una risposta, ma da manager ipotizza scenari: "Il best case scenario prevede la chiusura delle attività fino a tutto maggio, per poi avere una riapertura a giugno, con un mercato che recupera gradualmente nella seconda metà dell’anno. Se così accadrà, il mercato 2020 si chiuderà a 1,31 milioni di auto, ritornando alla crisi di 10-12 anni fa. Il worst case, invece, prevede la chiusura fino a luglio, con una ripartenza vera a settembre e una recessione generale più lunga: questo porterebbe a un consuntivo di 1 milione di auto nuove a fine anno.

Ora tocca a Conte. Unrae ha preparato una piattaforma di richieste al governo, che a dire il vero non sembra mai stato particolarmente sensibile alle istanze della categoria, nonostante le dichiarazioni di distensione di fine 2019 del premier Conte. Spiega Crisci: "I nostri obbiettivi sono chiari: la tutela della stabilità occupazionale, la protezione dell’industria e del suo indotto, la difesa della continuità dei servizi pubblici essenziali, la riduzione dell’impatto ambientale con un occhio alla sicurezza e infine il ritorno economico per l’erario. Le soluzioni che proponiamo sono tanto semplici quanto efficaci. In primo luogo, riteniamo necessario rimodulare la disciplina dell’ecobonus, introducendo una terza fascia 61-95 g/km della CO2 per allargare il beneficio a una platea molto più ampia di modelli e quindi di consumatori. Continuare ad avere gl’incentivi per il 2% serve a poco. A questo si deve aggiungere un aumento degl’importi per la seconda fascia di emissioni e, inevitabilmente, della disponibilità dei fondi. L’altra necessità urgente" – e qui Unrae ritorna su uno dei suoi grandi cavalli di battaglia – "è quella di riallineare la fiscalità rispetto agli altri mercati europei nel campo delle auto aziendali: ciò significa l’aumento del tetto della deducibilità a 50 mila euro, della quota ammortizzabile al 100% e della detraibilità Iva sempre al 100%". Crisci, peraltro accompagnato silenziosamente da tutti i ceo delle altre Case, ha inoltre ricordato come nella distribuzione lavorino circa 150 mila persone: "Vedo che tutti si occupano degl’impianti di produzione. Ma non dimentichiamoci della vendita e della distribuzione, che è un anello fondamentale della filiera. Il contagio si sta diffondendo e potremmo trovarci nella situazione che in Italia riaprano i concessionari ma non abbiano vetture da vendere perché le fabbriche sono ferme. Credo sia opportuna da parte del governo la consapevolezza che gli strumenti di sostegno finanziario sono vitali in questo momento, ma saranno altrettanto importanti azioni per spingere i consumi quando ci sarà la ripartenza".


Fonte: quattroruote.it

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