Alfa Romeo 156
I 20 anni dell’auto della svolta




Con la regina Volkswagen Golf (ai tempi alla quarta generazione), è stata l’auto di larga produzione più ammirata al Salone di Francoforte del 1997. E oggi è la più recente vettura di serie esposta al Museo di Arese. Stiamo parlando dell'Alfa Romeo 156, che fin dagli esordi colpì tutti con la sua linea firmata Walter De Silva, raccogliendo, già nei primi quattro mesi di commercializzazione, circa 90 mila ordini: numeri impensabili per una segmento D italiana al termine degli anni 90.

Il design. La precedente 155, pur gloriosa nel motorsport, non aveva raccolto consensi unanimi: il suo design a cuneo e la coda rialzata che malcelava la parentela con la Fiat Tempra e la Lancia Dedra (identico il passo di 2,54 m) piacquero, ma mai quanto le forme dell’erede. Moderna, aerodinamica e, al contempo, un pizzico rétro, la 156 impose nuovi canoni stilistici nel marchio Alfa Romeo e, in generale, fra le berline a tre volumi, guadagnandosi il titolo di Auto dell’Anno 1998 a scapito di quella stessa Golf (seconda classificata), a cui aveva già rubato un po’ di scena alla kermesse tedesca. Di fatto, con le sue forme scolpite dal vento (Cx di 0,31) e le maniglie nascoste, può considerarsi la capostipite di una lunga serie di berline-coupé, che da lì a breve sarebbero proliferate nei listini delle Case. Di fronte alle sue linee, d’altra parte, la concorrenza invecchiò di colpo.

I motori JTD. Ma il vero primato della 156, si trovava sotto il cofano: la berlina prodotta a Pomigliano d’Arco fu la prima auto al mondo dotata dei diesel common rail. Del resto, questa nuova tecnologia venne ideata e sviluppata dai centri di ricerca Fiat e Magneti Marelli, prima che il progetto venisse ceduto alla Bosch e quindi reso disponibile per gli altri costruttori, primo fra tutti la Mercedes-Benz: agli inizi del 1998, infatti, nei listini della Casa di Stoccarda esordirono le versioni CDI della Classe C. Una di queste, la C220 CDI venne da noi confrontata con la 156 2.4 JTD: l’italiana, più moderna della rivale (la W202 sarebbe stata sostituita da lì a due anni) e, soprattutto, più economica (c'erano 13 milioni di lire di differenza), non sfigurò. Tenuta di strada, freni e prestazioni, poi, fecero felici anche gli alfisti più esigenti. Anche quelli che, a gran voce, continuavano a chiedere il ritorno alla trazione posteriore. Coloro che esigevano maggiore spazio, invece, vennero accontentati con la Sportwagon, che aveva un bagagliaio più sfruttabile (il divanetto, al contrario della berlina, si poteva finalmente abbattere) e il Cx ridotto di un punto (0,30).

Il restyling e la 159. Con un bel restyling del 2003 firmato da Giorgetto Giugiaro, la 156 è rimasta a listino fino al 2005 (solo la Crosswagon resistette fino al 2007), quando lasciò il testimone alla 159. Pur non sfigurando nella linea e nel comportamento su strada, quest’ultima non replicò il successo della progenitrice: la pesante piattaforma GM Epsilon (già adoperata da Opel Vectra e Saab 9-3), che ne penalizzò le prestazioni, e i prezzi, più vicini alla concorrenza di prestigio, dirottarono la clientela più esigente su altri marchi, soprattutto BMW. Il resto è storia nota: dopo una lunga gestazione, l’Alfa Romeo è tornata alla carica nel 2016 con la Giulia, apprezzata in tutto il mondo per prestazioni e linea; e ispirata, non a caso, proprio alla 156, come dichiarato da Alessando Maccolini, chief of exterior design del Biscione.














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Fonte: quattroruote.it
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