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Alfa Romeo, le giardinette che non avete mai visto

Le Alfa Romeo Sportwagon di serie devono molto a queste station wagon, quasi sempre rimaste allo stadio di prototipo. Ecco una breve carrellata delle familiari del Biscione che abbiamo dimenticato troppo in fretta.




Alfa Romeo si è sempre identificata con un set di valori e connotati ben precisi: bellezza, passione, grinta, velocità. Anche quando si tratta di modelli stradali, si pensi ai modelli 1900 e Giulia, “le berline da famiglia che vincono le corse”, come recitavano le pubblicità della Casa negli anni 50 e 60. Peculiarità che, immancabilmente, si estendono anche alle giardinette.

(In)dimenticate. Alcune di esse, come quelle derivate dall’Alfasud prima e dalla 33 dopo, sono entrate in produzione e, quindi, nell’immaginario collettivo. Altre, meno fortunate, non hanno mai superato lo stadio del prototipo o della pre-serie, raggiungendo un numero piccolissimo di esemplari. È proprio su queste ultime che accenderemo i riflettori in quest’articolo.

Un percorso che parte in salita. Tralasciando le rarissime versioni su base 6C 2500, le 1900 Giardinetta o le Giulietta Weekendina e Promiscua, fino alla 1750 Veloce del 1968 i progetti del Biscione di mettere in produzione un modello con carrozzeria station wagon si sono sempre fermati prima del previsto, limitandosi alla realizzazione di piccolissimi lotti di esemplari, sì e no - nei casi migliori - qualche decina.

L’unica Giulietta... Potremmo iniziare questo sparuto elenco dalla Giulietta Folk del 1978, allestita in esemplare unico dalla carrozzeria Moretti di Torino. Questa giardinetta compatta aveva le stesse misure della berlina ed era contraddistinta dal grande portellone apribile fino al paraurti. Il cristallo tra il montante C e D, inoltre, era apribile.

E l’unica Alfetta. Il primo vero tentativo di realizzare un’Alfa Romeo familiare che rispondesse concretamente alle esigenze di una famiglia, costruita attraverso l’aumento dimensionale del volume posteriore e prodotta essenzialmente per il tempo libero, è diventato realtà nel 1983. L’atelier milanese Zagato, con il supporto del giornalista Luca Grandori, grande esperto di automobili, ha prodotto l’unica Alfa Romeo Alfetta Station Wagon, una creazione estemporanea ma assolutamente in linea con lo spirito degli anni 80, proiettati verso la ricerca di un nuovo benessere dopo l’incertezza del decennio precedente, contraddistinto da un clima di incertezza economica e sociale.

Un’occasione sprecata? In virtù dei contenuti del progetto - sicuramente importanti - e dello sviluppo ormai avanzato del piano di industrializzazione, si pensava che sarebbe stato proprio questo modello a dare finalmente il la alla produzione in serie di una giardinetta Alfa Romeo. Ma così non fu.

La 90 ci prova, la 75 (quasi) ci riesce. Bisogna attendere il 1986 per veder prendere forma una nuova proposta in questa direzione: il nuovo prototipo di giardinetta, questa volta, viene allestito sulla meccanica dell’Alfa 90: stando a quanto riportato nei registri di produzione della Carrozzeria Marazzi di Caronno Pertusella, alle porte di Milano, ne furono costruiti soltanto due esemplari. Nello stesso periodo, alla carrozzeria Fissore viene affidato lo studio di una giardinetta su base Alfa 75: ne vengono costruite cinque tra 1.8 turbo e “2400” turbodiesel.

Percorso formativo (con lieto fine). Infine, sarebbe dovuta nascere con carrozzeria station wagon anche la 164, ma non si andò più in là di qualche bozzetto e il progetto si concluse in un nulla di fatto. Con ogni probabilità, oggi i tentativi dell’Alfa Romeo di creare una station wagon accattivante possono sembrare goffi e posticci persino agli occhi degli alfisti più fedeli. Eppure non furono esercizi sterili: se la 156 Sportwagon è così bella, insomma, il merito va anche a queste mosche bianche. Controverse ma coraggiose, proprio come i progettisti che le hanno pensate, disegnate e costruite. Sono anche storie come questa, infondo, che ci fanno innamorare dell’Alfa Romeo.














Fonte: ruoteclassiche.it

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