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Epoca, l' Alfa Romeo 2000 Sportiva

È un’auto misteriosa. Custodita all’interno del Museo di Arese, fu disegnata da Scaglione sulla base di un raffinato telaio a traliccio e monta alcune soluzioni tecniche usate sulle berline di serie di vent’anni dopo ...






Mitici anni ‘50. Per l’Alfa Romeo rappresentano un’epoca grandiosa, di rilancio e di affermazione internazionale. Basta leggere i numeri: nel 1950, le Alfa vendute sono appena 341. Cinque anni più tardi superano le 16mila unità e nel 1960 si oltrepassa la soglia dei 50mila esemplari. Questa escalation commerciale è frutto di una serie fortunata di nuove automobili progettate ad Arese. Prima fra tutte, la berlina 1900 -il cui debutto risale proprio al 1950- seguita dalle varianti Sprint e Super Sprint con carrozzeria coupé. In occasione del Salone di Torino del 1954 arriva invece la Giulietta Sprint, piccola coupé disegnata da Bertone che anticipa di un anno l’omonima berlina. Dalla Sprint derivano la Spider (realizzata da Pininfarina) e la sportiva Sprint Speciale, nata nuovamente dalla matita di Bertone nel 1957. Sempre degli anni Cinquanta (1957) è la gamma delle più imponenti 2000 (berlina, Spider e coupé Sprint) destinate a sostituire le gloriose 1900. Tutte auto di nuova concezione, per sostituire le grandi e lussuose Alfa prebelliche a 6 e 8 cilindri e andare incontro alle esigenze della borghesia medio-alta, quasi pronta per il boom economico italiano. In otto anni di produzione, l’Alfa 1900 conta più di 21mila esemplari.

Delle Giulietta (costruita fino al 1965) si sommano, invece, quasi 200mila unità. Numeri importanti, che testimoniano la popolarità raggiunta dall’Alfa Romeo grazie a prodotti moderni e tecnicamente avanzati, ma anche a un impegno di altissimo livello nelle competizioni. Straordinarie Giuseppe Farina e Juan Manuel Fangio, al volante delle Alfa Romeo “Alfetta” 158 e 159, si aggiudicano le prime due edizioni del Campionato del Mondo Piloti di F1 nel 1950 e 1951 (nel 1950, oltre a Farina, l’Alfa piazza altri due piloti sul podio finale con Fangio e Luigi Fagioli). Conclusa l’esperienza nella massima serie, il Biscione resta comunque in gara. È l’epoca delle grandi corse su strada (Mille Miglia e Targa Florio su tutte) e delle gare per vetture Sport. Per questo motivo, nel reparto studi speciali e progettazione che fa ancora capo a Gioacchino Colombo nascono vetture straordinarie come la 6C 3000 C50 (unico esemplare che partecipa alla Mille Miglia del 1950), la 1900 C52 nelle configurazioni Disco Volante, Spider e Coupé (1952-1953), le 6C 3000 CM.

Queste ultime, costruite in sei esemplari (quattro Coupé e due Spider), partecipano alla Mille Miglia 1953, conquistando il secondo posto assoluto con Fangio, e al GP Supercortemaggiore di Merano dello stesso anno, dove il pilota argentino si impone davanti alla Maserati di Sergio Mantovani. Altra vettura Sport dell’Alfa Romeo è la 750 Competizione del 1955 (la sigla si riferisce al numero di progetto), realizzata su telaio Abarth per competere nella classe 1500 cc. Testimoni In questo contesto si collocano altri due modelli particolarmente interessanti che non superano, tuttavia, la fase sperimentale e prototipale. Sono le 2000 Sportiva coupé e spider, realizzate in quattro esemplari equamente suddivisi nelle due varianti di carrozzeria. La versione aperta è anche definita 1900 Sport Spider. Delle quattro Alfa Romeo 2000 Sportiva, una coupé (quella pubblicata nel nostro servizio) ed una spider sono tuttora conservate dall’Automobilismo Storico Alfa Romeo presso il museo di Arese e sono utilizzate in occasione di importanti eventi. La seconda 2000 Sportiva coupé (verniciata in rosso) è di un collezionista francese, mentre dell’altra spider pare si siano perse definitivamente le tracce. Nel 1954, il servizio studi speciali e progettazione del Portello avvia i lavori per la realizzazione di una vettura granturismo, compatta e prestazionale, da produrre in piccola serie e destinata ai clienti sportivi per competere nella classe 2000 cc.

È l’epoca durante la quale l’Alfa Romeo è guidata da personaggi di spessore: da Orazio Satta Puliga (direttore dei servizi progettazione e sperimentazione) a Rudolf Hruska (nominato nel 1954 direttore tecnico e responsabile progettazione e produzione). Non mancano, poi, gli uomini impegnati sul campo. Quelli concentrati sui tavoli da disegno e quelli che portano su strada i prototipi. Due di loro possono ancora testimoniare il lavoro svolto in quegli anni: sono Erwin Landsberg e Guido Moroni. Landsberg -origini tedesche, classe 1923, assunto all’Alfa Romeo nel 1946- era ingegnere calcolatore per gli elementi meccanici e la tenuta di strada, lavorava in stretto contatto con l’ingegnere Giuseppe Busso e ricorda ancora che la 2000 Sportiva ha fatto da base per alcune soluzioni tecniche utilizzate in seguito. Come il ponte posteriore De Dion, ereditato dalla successiva Alfetta. Moroni -milanese doc, classe 1924, entrato in Alfa nel 1938- era collaudatore sotto la responsabilità di Consalvo Sanesi: “Quando entrai nel reparto studi speciali -ricorda Moroni- eravamo in tre: Gioacchino Colombo, un disegnatore del quale non ricordo il nome e io. Colombo mi ha insegnato moltissimo, così come Sanesi, che all’inizio mi ha dato molti consigli sulla guida. Iniziai a fare il collaudatore quando stava uscendo la 1900”.

Ecco perché, insieme a Sanesi, anche Moroni ha portato a spasso la 2000 Sportiva. “Si facevano prove in pista e su strada -racconta Moroni- e per l’affaticamento si andava sullo Stelvio. Molto spesso si usciva anche di notte, con le vetture camuffate”. Sofisticata Ormai è trascorso più di mezzo secolo, anche le testimonianze dirette iniziano a offuscarsi e per buona parte della storia mancano dei tasselli. Un capitolo difficile da ricostruire è proprio quello che riguarda la 2000 Sportiva. Rimane poco chiaro, ad esempio, il perché non sia entrata in produzione, neanche nella piccola serie di 200 esemplari inizialmente prevista. La risposta più probabile è che l’Alfa Romeo abbia optato per una vettura più economica, convenzionale e meno estrema della Sportiva, vale a dire la Giulietta Sprint 1.300 lanciata nel 1954.

La 2000 Sportiva nasce su un raffinato telaio a traliccio tubolare in lamiera d’acciaio dotato di un passo di soli 2,2 metri. Elemento simile a quelli utilizzati per le precedenti 1900 Disco Volante e 6C 3000 CM. Le sospensioni anteriori sono a quadrilateri trasversali, mentre al posteriore viene adottato il ponte rigido con schema De Dion e freni entrobordo. Questa soluzione (con il differenziale e, dunque, i freni collegati direttamente alla scocca) permette una drastica diminuzione delle masse non sospese a tutto vantaggio della tenuta di strada. Tale architettura sarà ripresa dagli anni Settanta in avanti per i modelli Alfetta, Giulietta, 90, 75 ed SZ. Il cuore della vettura deriva dal quattro cilindri bialbero della 1900. Portando alesaggio e corsa a 85x88 mm, la cilindrata raggiunge i 1997 cc. La potenza massima è invece di 138 CV, sviluppati a 6.500 giri. Non male per un’automobile che pesa meno di una tonnellata. Un peso-piuma merito della carrozzeria in alluminio forgiata nelle officine Bertone. Una vettura da corsa, quindi, travestita da granturismo grazie ad un pregevole esercizio di stile che porta la firma di Franco Scaglione. È questo designer, infatti, a realizzare la linea della 2000 Sportiva per conto della Carrozzeria Bertone. Difficile stabilire quale modello abbia influenzato lo stile di un altro. Ma la 2000 Sportiva si pone in linea con la coeva Giulietta Sprint ed è l’esecuzione “razionale” delle più estreme e strabilianti Alfa Romeo B.A.T., delle quali la Sportiva riprende la carenatura dei fari, le pinne posteriori, il lunotto allungato fino a raggiungere la coda molto rastremata e sfuggente.


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Fonte: auotomobilismo.it


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